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Aggiornato: 2 settembre 2025


L'uomo brontolone ha l'amaro in bocca e convien che sputi. Se gli metti dello zucchero in bocca, anche lo zucchero divien tossico; perchè il suo amaro è come quello del chinino, che è profondo ed è eterno.

ATTILIO. M'hai servito altre volte con molta prontezza; e or, piú che mai bisognoso del tuo aiuto, vengo con la medesima confidenza a pregarti che adopri tutto il tuo sapere e ci metti tutto il tuo studio. TRINCA. Il padron amorevole e grato fa sollecito il servidore. ATTILIO. Servimi, ché ti darò un paio di calze. TRINCA. Un paio di calci piú tosto.

La miserella intra tutti costoro pareva dir: <<Segnor, fammi vendetta di mio figliuol ch'e` morto, ond'io m'accoro>>; ed elli a lei rispondere: <<Or aspetta tanto ch'i' torni>>; e quella: <<Segnor mio>>, come persona in cui dolor s'affretta, <<se tu non torni?>>; ed ei: <<Chi fia dov'io, la ti fara`>>; ed ella: <<L'altrui bene a te che fia, se 'l tuo metti in oblio?>>;

PANURGO. Anzi a te starebbono buoni questi duo luoghi, accioché quando l'uno ti fosse venuto a noia, mutassi nell'altro fresco e senza pagar pigione. PELAMATTI. Poiché aspettavate me, come mi chiamo? PANURGO. Malaventura. PELAMATTI. Mala ventura arei da vero, se te le dessi. Io mi chiamo Pelamatti. PANURGO. Tu ti chiami cosí, per scherzo, Pelamatti, perché poco pelo metti in barba.

Ah! fece il giovine, alzando meccanicamente il bastone in atto di difesa. E dopo esser rimasto alquanto perplesso, riprese: Ebbene, che cosa vuoi? perchè ti metti sulla mia strada? Sai che ti ho voluto bene riprese la voce dolente. O ti pare? fammi la carit

«Deh, metti al mio voler tosto compenso, beato spirto», dissi, «e fammi prova ch’i’ possa in te refletter quel ch’io penso!». Onde la luce che m’era ancor nova, del suo profondo, ond’ ella pria cantava, seguette come a cui di ben far giova: «In quella parte de la terra prava italica che siede tra Rïalto e le fontane di Brenta e di Piava,

La miserella intra tutti costoro pareva dir: <<Segnor, fammi vendetta di mio figliuol ch'e` morto, ond'io m'accoro>>; ed elli a lei rispondere: <<Or aspetta tanto ch'i' torni>>; e quella: <<Segnor mio>>, come persona in cui dolor s'affretta, <<se tu non torni?>>; ed ei: <<Chi fia dov'io, la ti fara`>>; ed ella: <<L'altrui bene a te che fia, se 'l tuo metti in oblio?>>;

Mi hai domandato più volte: Come ti senti? Perchè? Che ti pare? Invece di rispondere alla domanda, don Rocco avea domandato alla sua volta: Non ti senti proprio niente? Che cosa dovrei sentirmi? Mi metti paura. Non badarmi. Mi sono ingannato... Credevo....

CLEMENZIA. Di cotesto guardatevi molto bene, ch'io non voglio esser baciata da vecchi. GHERARDO. Paioti cosí vecchio? SPELA. Che credi? Al mio padrone non sono ancor caduti gli occhi fuor di bocca; volsi dire, i denti. CLEMENZIA. In ogni modo, non avete il tempo che si crede, veggo ben io. GHERARDO. Dillo a Lelia. E sai? Se mi metti in sua grazia, ti vo' donare un mongile.

Ma io, vedi, non son più padrone di me. Anche te hanno ammaliato le donne? Ah no; di' piuttosto che una di esse m'ha richiamato al mio debito di giustizia, una sola che adoro.... e adorando lei, non vengo meno alla mia divozione per te. Mia sorella! Lo sapevi? , e godevo dell'amor tuo; ma ora.... Ora? Non è più come allora. Dimmi su; parlerai contro la legge? Tu metti a prezzo....

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