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Nell'anno 1470, riferisce uno, che trovandosi in Persia l'anno 1468, e rasonando con li mercanti li quali nuovamente vennero di Trebisonda, tra li quali fu Domenico Del Carretto che usava quel viaggio, disse che veniva nominato questo Ussun Cassan, et che in quelli zorni aveva fatto scorrerìa in Amasia et in Angora con pochissime genti, et il signor soldan Baiezit fiol di Maumet turco, in quel tempo essendo zovene, temeva affrontarsi con Ussun predicto, et si meravigliassimo del suo temer. Mi disse quel Domenico perchè vi meravigliate? io vo' narrar di questo Ussun Cassan cose incredibili. Costui fu fio di un signor abitante nelle montagne, su le quali ha alcuni castelli fortissimi, il suo paese si dice Tactai, è di poco tegnir. Essendo quello morto, il suo fiol Ussun divenne molto valevole, savio, audace et delli più belli di corpo, che da gran tempo si sono veduti, grande, spalluto, tutti i membri corrispondenti a quella bella persona come se fosse dipinto, et il suo capo siegue alla grandezza de la persona, con do occhi neri che è un terrore al vederli: et quanto è valoroso, tanto è liberale, cortese, benigno «ideo dicitur gratior et pulcher veniens in corpore virtus». Io come mercadante sono stato nel suo paese, vidilo, parlai con esso, et così come è grande, similiter il suo mangiar è estremo; e per il suo cavalcar, pochi boni cavalli se trova a portar tanto corpazzo. Del 1455 si mostrò con 3000 uomini e corse nel paese di Hasan e danneggiavalo molto, che mai poteva a lui resistere, quamvis Hasan fosse signore di Zagatai, poteva averlo in le man perchè lui era sempre sentiroso et apto alle insidie, et come presentiva la venuta di Hasan fugiva in le montagne. E nota che Hasan vedendosi grande et potente signore, et Ussun Cassan un signoretto che ardiva farli tanti insulti, molto si lamentò verso i suoi baroni dicendo: che val la mia potenza se non trovo nessun barone a prendere questo ladroncello e condurmelo morto o vivo, che prometto a chi mi porta la sua testa di dargli una citt

Essi sono quelle piante parassite, che vogliono vivere e mangiare a spese delle altre, e non si contentano di mangiar per uno, vogliono mangiar per cento: e per sostener la loro ingiustizia, cercano con ogni mezzo atroce di dominare le plebi, da loro chiamate canaglia. «Ebben, monsignoreprincipiò il generale diretto a Corvo «che nuove della Sicilia

Chi sentisse parlar costui del modo e de la via del non mangiar ber non penserebbe che fosse un Ippocrasso o un Gallinello? Cosí c'è dotto! GIRIFALCO. Per grazia di Dio, sempre ho trovato che mi giova assai non m'acciarpare. E vedi che ho passato di molto il tempo che la maggior parte non suol passare. Ma che c'è di nuovo? In piazza che si fa?

Erano giunti sulla riva, dove molti salici fronzuti formavano come una gran cupola verdeggiante che avrebbe riparato i nostri amici dalle carezze troppo ardenti del sole di luglio. Qui staremo benone, disse il babbo. Alla svelta! Ognuno deponga gl'impicci e posi le sue provviste a' piè di quell'alberone. Si deve mangiar subito? chiese Gigino. Come subito? ribattè il babbo.

Era una fredda sera d'inverno, e Caterina stava seduta nel salotto col vecchio Carlo e sua moglie. Carlo desiderò di mangiar fichi, ed incaricò la serva d'andarne a cercare alla dispensa, ch'era in fondo della galleria settentrionale. Caterina prese la lampada... Zitto, signora, odo fracasso!...» Emilia, in cui allora Annetta avea fatto passar la sua paura, ascoltò attenta; ma non udì nulla.

Entrò Federico. E bene? disse affettuosamente. Pare che non sia nulla. Ho parlato con miss Edith or ora, per le scale. Non vuoi scendere a mangiar qualche cosa? Giù, hanno preparato.... No, non ho appetito, ora. Forse più tardi.... Aspetto che mi chiamino dentro. Intanto io vado, se non c'è bisogno di me. Va pure, Federico. Scenderò poi. Grazie. Lo seguii con lo sguardo, mentre s'allontanava.

Abbandonato da Filippo, dalla signorina Wilson, e perfino da quello scellerato di Buci, che è saltato in carrozza per accovacciarsi sotto il sedile di lei, vado a smaltire la mia stizza nella seconda giardiniera, dov'è la Berti madre colle figliuole. I ragazzi, sapientissimi, non volendo mangiar polvere, sono andati nella prima, occupando la panca dietro il vetturino, per godersi la strada.

Pilastrino, ricercando qualche suo amico vecchio per mangiar seco, si imbatte in Girifalco e, per ire a cena seco, lo invita a cenar con lui; ed è dal vecchio scorto, onde il disegno vien fallato. PILASTRINO. Che farai istasera, Pilastrino? S'accosta ora di cena, e tu in casa non hai pan fuoco. Sono ora in piazza.

Tutta esta gente che piangendo canta per seguitar la gola oltra misura, in fame e 'n sete qui si rifa` santa. Di bere e di mangiar n'accende cura l'odor ch'esce del pomo e de lo sprazzo che si distende su per sua verdura. E non pur una volta, questo spazzo girando, si rinfresca nostra pena: io dico pena, e dovria dir sollazzo,

PILASTRINO. Le contentezze, le beatitudini e le gioie e i piacer gusto ne l'anima, e nel corpo a un tempo, quand'io vado a mangiar con qualcuno ove si trovi la mia padrona. ARTEMONA. Questi son buon punti. Mi pari un Salamon. Saresti buono a leggerne in iscranna.