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Aggiornato: 16 giugno 2025
Ricasoli fondò allora un giornale intitolato la Patria, con Salvaglieli e Lambruschini, in cui si addotto il programma: fuori i barbari. Il più spinto di tutti era il barone Ricasoli. Egli spiegò il suo programma unitario di una monarchia nazionale e dell'Italia affrancata dal papa e dall'Austria. Lo si trattò di utopista. Nondimeno egli non volle unirsi a Montanelli ed a Guerrazzi.
Così non piacque ad altri i quali presumendo diventare padroni del baccellaio, e tenere il Granduca dentro una botte andavano sobillando il popolo sbigottito: «Il Guerrazzi ti mena diritto a buttarti nel pozzo; con queste sue mostre di armare ti chiama i tedeschi in casa come lodole al fischio; e quali tedeschi! I croati, che dove passano non lasciano più crescere erba. Oh! quanto gran dolore vedere gli alberi delle cascine abbattuti per farne cocere la pignatta degli ulani, e bere l'onda pura dell'Arno i cavalli dei mantelli rossi. Mirate questa geldra di sicarii livornesi; egli li chiamò a posta, e quì li tiene, il Nerone, per menare strage cittadina, (mostravano le barelle della Misericordia, che facevano andare attorno vuote); intanto si pone mano alla roba altrui (era un oste cui truffarono alcuni militi il vino); la pudicizia delle nostre matrone si offende (erano due colombe di via Gora). Gettate giù le vergognose some; non fate idolo un nome vano senza soggetto. Che patti, e che non patti! Precipitatevi, precipitiamoci fiduciosi senza sospetto, come senza condizioni nelle braccia del nostro più che Principe Padre, il quale amoroso ce le stende lunghe lunghe fino da Gaeta. Noi vi garantiamo che non verranno tedeschi. Scegliete: da un lato servitù, e tedeschi in casa; dall'altro libert
Evidente è l'imitazione del Guerrazzi. Al Guerrazzi, per le lettere sue all'autore, è dedicato il Tintoretto . La tela di questo dramma è più distesa, più ben dipinta e qua e l
Al Guerrazzi, bella gloria di Toscana, ed orgoglio delle lettere italiane, è interdetto di passar la frontiera. A Mazzini, che era sguizzato nell'impero del barone Ricasoli come una biscia, è data la caccia dai carabinieri; ed il formidabile barone gli promette che, se per avventura cadr
Il barone Ricasoli si è fatto protestante, dicesi, nauseato degli intrighi della corte di Roma. Grave, rigido, probo, disinteressato, egli non teme alcuno, non guarda mai in giù, va dritto al suo scopo, non considera nulla, non perdona giammai. Egli freme ancora che Guerrazzi abbia osato un dì disonorare la dimora dei suoi antenati, con una visita di polizia.
Il disprezzo pei governi ancora più timidi che feroci fomentava il coraggio, mentre le satire del Giusti, i romanzi del Guerrazzi, le canzoni del Berchet infiammavano entusiasmi gi
Corsi gli scrisse da Torino il 1.º marzo: in Genova non avere avuto tempo informarsi s'ei ci fosse o no; trattenersi fino a venerdì: non disprezzasse lo invito del sig. Cavour anco per mostrargli che non vi sono partiti, E CHE TUTTI SIAMO CONCORDI, IL CHE EGLI A RAGIONE RACCOMANDA. Questa lettera non fu mandata direttamente al Guerrazzi, bensì al nipote del sig.
Non sono reo; sono uno sventurato: non tanto nero quanto mi dipingono.... Signor Presidente, dice Guerrazzi, che la trama del mondo si compone di fili di ferro! Sventurato!... Come!... quel feroce don Peppino, il terrore delle vicine contrade, che fu causa prima dei misfatti atroci che funestarono questa provincia, non siete voi? Rispondete! Non siete voi quel tal don Peppino? Sono io.
Quando il Guerrazzi tornò a Livorno i suoi avversari paurosi avevano preso il largo; ed egli diceva: «dopo la calunnia i miei emuli non possono farmi ingiuria maggiore di quella di credermi vendicativo.» Nè fu contento di mostrare la carit
Io l'aveva attinta dal Dante nel Trattato della Monarchia, pochissimo letto e sempre frainteso. Ed io parlava con calore dei due Còrsi, della Legge, del futuro che doveva presto o tardi irrevocabilmente escirne. Guerrazzi sorrideva tra il mesto e l'epigrammatico.
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