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Un servo gli si era avvicinato, gli aveva mormorato qualche parola all'orecchio, ed esso si era prontamente ritratto nelle sue stanze. Un uomo dall'aspetto volgare, dalle vesti grossolane lo aspettava, nel suo gabinetto: era un'antica nostra conoscenza, era Giano.

Allora ciò ch'era dubbio, diventa un'assoluta certezza. Giano era un traditore, che aveva procurata la sua evasione per condurlo a più sicura rovina. Ma che fare in una situazione tanto pericolosa? Da che parte potea egli rivolgersi, così perduto in un bosco, all'avvicinarsi della notte, ignaro delle strade, stanco del cammino, senza cibo, senza denaro, e con quelle vesti da galeotto sul dosso?

Così era bellamente pagato il Fregoso. Ma egli, inteso l'animo dell'avversario, tosto aveva adunato il Consiglio e messo mano a più saldi argomenti. E poco dopo l'ambasciata del Cecere, andavano alla corte di Galeotto, oratori non più di Giano Fregoso, privato cittadino, bensì del Doge e del Consiglio, un Giacomo di Leone e un Galeazzo Pinello.

Pensa che dalle Carceri Nove qualche volta si passa... Sulla piazza dei Cerchi. E sulla piazza dei Cerchi... Zaf! esclamò Giano, facendo il gesto di un rapido taglio. Mi hai inteso. Prudenza e fedelt

A cosiffatta proposta, più che alla ostinatezza di Giano, si sdegnò grandemente il marchese. Mi turba la dimanda, rispose, e peggio ancora, mi muove lo stomaco. Tristo è Giano e tristo mi crede. A tal uomo, e di tali nefandezze capace, io non sarei per concedere mai la figliuola mia, anco se molto maggior dote le costituisse del suo. Così avevano avuto fine le pratiche celate presso il marchese.

Intanto, così, per non destare sospetti, io vado a finire la mia partita. E infatti, Giano tornò a sedere al tavolo di prima, e a giuocare tranquillamente. Un altro uomo entrò nell'osteria, e si avvicinò a Curzio: era Gaetano Tognetti. Anch'esso aveva ricevuto dallo scultore un appuntamento in quel luogo. Curzio lo prese per mano, e lo condusse al tavolo dove aspettava Monti.

Tu hai perseguitato ben altri uomini, che non sono io. Dove giacciono le ossa di Giano della Bella e di Benedetto Alberti? Io non lo so: quelle dei Medici hanno sepolcro reale in san Lorenzo. Dove riposeranno le mie? Chi può saperlo? Pure non ti chiamerò ingrato, maligno, come Dante; sebbene tu abbia perpetuata la voce, che correva ai suoi tempi: Vecchia fama nel mondo ti chiama orbo,

Non poteva nemmeno decidersi a passare la notte alla meglio in quel luogo. Giano era andato senza dubbio a denunziarlo; e i soldati sarebbero venuti a cercarlo senza ritardo. Si mise in braccio della provvidenza, avviandosi alla ventura per uno di quei tanti sentieri della boscaglia.

Quell'uomo, ch'era un commissario di polizia, entrò scambiando un segno impercettibile con Giano. Sulla porta semischiusa si mostrarono le faccie laide dei birri papali. Ognuno comprese che cosa stava per accadere, e nella osteria non s'intese un respiro.

Tu menti, replicò il principe. Vuoi che io ti dica perchè sei qui? Avrei piacere di saperlo, disse Giano. Prima di tutto, tu aspetti una persona. Questo è vero. Avanti. Questa persona è un giovane chiamato Curzio, un settario, uno dei capi della rivoluzione. Questo poi! fece Giano con una smorfia. Non sono capace!