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Aggiornato: 12 giugno 2025


Sulla proeminenza gessosa di quella nuvola, sul terrapieno di quei vapori abbaglianti, sui margini di quella foresta d'argento sono appostate batterie di soli. Più lontano, giranti mitragliatrici d'acciaio crivellano lo spazio d'innumerevoli getti di piombo fuso.... Ed ecco sullo zenit tre pezzi tanto roventi da esserne rossi bianchi turchini.

Ma quale distanza da quei tempi al nostro! Ora quegli sdegni pudicamente accademici non si capiscono più; le celie non hanno più eco; i dardi della critica si sono spuntati; una cosa sola rimane, l'ammirazione del pubblico pel teatro di Vittor Hugo. Stupendo teatro! E come lo si rivedrebbe tutto volentieri, rappresentato da questi valenti artisti della Commedia francese! Cromwel, Marion Delorme, Hernani, Angelo, Marie Tudor, Lucrèce Borgia, Le roi s'amuse, Ruy Blas, Les Burgraves, creazioni immortali! E dire che qualche critico, oggi ancora, fa colpa a Vittor Hugo di aver voluto essere uno Shakespeare! L'ambizione, dopo tutto, era nobile. Ma uno Shakespeare riveduto e corretto; che orrore! Fermiamoci qui e mettiamo in chiaro la faccenda. Non consta da nessun documento che Vittor Hugo abbia mai detto o pensato una cosa simile. È da credersi solamente che chiunque, oggi, foss'anche un altro Shakespeare, si mettesse a scrivere pel teatro, non potrebbe più, vorrebbe, dar libero corso a quei getti d'eufimismo che guastano la semplicit

Mentr'io m'agitava e presso a soccombere sotto quella croce, un amico, a poco stanze da me, rispondeva a una fanciulla che, insospettita del mio stato, lo esortava a rompere la mia solitudine: lasciatelo, ei sta cospirando e in quel suo elemento è felice. Ah! come poco indovinano gli uomini le condizioni dell'anima altrui, se non la illuminano ed è raro coi getti d'un amore profondo!

Rispetto lor signori; ma son avvezzo a pigliare il mondo com'è; ho fatto anch'io la mia parte di bene e di male, come tutti i figli d'Adamo; però non ne do conto a nessuno; e in quanto a lei, non la scelsi ancora per mio direttore di spirito..... Mi risparmi dunque altri consigli; e, in cambio de' suoi, io ne darò uno a lei; pensi bene un'altra volta a quello che fa, e a chi parla; l'abito che veste non le faccia creder lecito di trattare un par mio, come il primo mascalzone che si getti al piede del suo confessionale.

55 È ordine tra lor, che chi per sorte esce fuor prima, vada a correr solo: ma se trova il nimico così forte, che resti in sella, e getti lui nel suolo, sono ubligati gli altri infin a morte pigliar l'impresa tutti in uno stuolo. Vedi or, se ciascun d'essi è così buono, quel ch'esser de', se tutti insieme sono.

Questa nuvola a destra soffia getti di lava d'oro fra i suoi mille baffi accecanti, il suo irto pelame variegato e la sua coda altissima di tigre d'argento. Altre nuvole come spazzole di bragia rigovernano accanitamente quel nuvolone-cavallo dalle troppe zampe correnti come i primi cavalli dinamici dei pittori futuristi.

Se nell'umile storia ch'io vo tessendo, voi vedete l'uom povero ed onesto a fronte del ricco vizioso e potente, non dite ch'io rinneghi per questo la virtù di chi siede in alto, o getti la maledizione sul capo di coloro che il mondo chiama felici. Il bene è la parte di tutti, e la virtù sulla terra è come l'aria pura che si respira più vicino al cielo. Ma fu veduto più d'una volta versarsi per beneficio il danaro di Giuda; e la stessa piet

64 Così scornato, di vergogna e d'ira nel viso avampa, e par che getti fuoco; e più l'affligge il caso e lo martira, poi che gli accade in palese loco. Bramoso di vendetta si ritira, a trar la scimitarra, a dietro un poco. Mandricardo in tanto si confida, che Ruggiero anco alla battaglia sfida.

Ma ch'ei non ti venga detto giammai "sentimento sterile" di quella compassione così, in apparenza, passiva, da parerti non aver altro che lagrima. E se tu la incontri fra gli uomini, benedici avvegnachè essa ti addimostri un terreno generoso, ove pur che l'agricoltore getti la semente, e non avr

che a le donne, sedute coi bimbi rachitici al seno, dicon non so che sogno, non so che miraggio sereno. Rapsodo vagabondo, nel buio de’ freddi cortili getti, come d’incanto, l’effluvio de’ liberi aprili; Nina, Rosetta, Bice discendono a salti le scale, ansando un poco, smorte del lento terribile male

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