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Lo zio Giacomo richiuse la finestra, e si diede a camminare in su e in giù nella stanza del figlio assente. Sulle pareti, sui tavoli, sul caminetto, sugli scaffali, stavano delle fotografie: Nunziata Villari, nella parte di «Teodora» in rigide vesti regali. Nunziata Villari nella «Cleopatra», vestita di soli gioielli. Nunziata Villari nella «Margherita Gauthier», in camicia da notte o così parve ai torvi sguardi dello zio Giacomo. La Villari da «Norah», la Villari da «Saffo», la Villari da «Francesca»... Più in l

Qui pousse des cris importuns è sparita, come spariscono le esagerazioni di ogni sorta; le loro conquiste tecniche sono, in gran parte, rimaste. Così Teofilo Gauthier, Leconte de Lisle, il Banville non ci dicono più niente come poeti, ma il verso francese non potr

Balzac, i due Dumas, Eugenio Sue, Giorgio Sand, Alfonso Karr, Victor Hugo, Gauthier, Dikens, Féval.... Quanti nomi di romanzieri, di drammaturgi, di poeti, i cui volumi a mala pena si conterrebbero nel vasto salotto dove io sto scrivendo!

Paolo, Paolo, io sono stata malata a Saint-Moritz. Chérie, tu sempre così allegra, fai la Margherita Gauthier, adesso? È una sciocchezza, io sto benone proclamò ella, con un grande scoppio di risa. I bianchissimi denti scintillavano, fra le labbra umide.

Nunziata gettò il piccolo grido della «Lucrezia», terzo atto, e si scostò da lui col brivido del secondo atto della «Marguerite Gauthier». E indietreggiò a scatti come nella «Fedora», e finalmente gli si precipitò sul petto come nella «Francesca». Gli sussurrò all'orecchio cinque parole. Poi lo mandò a casa.

Poi, man mano gli feci gustare gli scritti piccanti degli autori più recenti: di Victor-Hugo, di Theophile Gauthier, di Heine, di cui avevo piena la mente. Se gli domandavo le sue impressioni, mi rispondeva schietto, anzi qualche volta preveniva egli stesso la mia domanda. Mi faceva ripetere volentieri i miei poveri versi, ed io sceglievo di preferenza i più bizzarri e i più sconclusionati.

La prima volta che si desina in Olanda c'è una sorpresa curiosa al momento di pagare lo scotto. Io avevo fatto un desinare scarso per un batavo, ma per un italiano, abbondantino, e con quel che sapevo del gran caro d'ogni cosa in Olanda, m'aspettavo una di quelle sonate, alle quali, come dice Teofilo Gauthier, la sola risposta ragionevole da darsi è una pistolettata. Fui dunque gratamente meravigliato quando il cameriere mi disse che dovevo pagare quarante sous, e siccome nelle citt

Prima di uscir dalla Cattedrale bisogna farsi raccontare da un sagrestano la famosa leggenda di Papa-moscas. Papa-moscas è un fantoccio di grandezza naturale, posto nella cassa d'un orologio, al di sopra della porta, nell'interno della chiesa. Una volta, come i celebri fantocci dell'orologio di Venezia, al primo tocco delle ore, usciva fuori del suo nascondiglio, e ad ogni tocco gettava un grido e faceva un gesto stravagante, del che i fedeli pigliavano un grandissimo diletto, i ragazzi ridevano, le funzioni religiose erano turbate. Un vescovo severo, per metter fine allo scandalo, fece recider non so che nervi a Papa-moscas, e d'allora in poi egli rimase immobile e muto. Ma non per questo si cessò di parlar dei fatti suoi e a Burgos, e in tutta la Spagna, ed anche fuori di Spagna. Papa-moscas era una creatura di Enrico III; e di qui vien la sua grande importanza. La storia è assai curiosa. Enrico III, il re dalle avventure cavalleresche, che vendette un giorno il suo mantello per comprarsi da mangiare, soleva andar ogni giorno, incognito, a pregare nella Cattedrale. Una mattina i suoi occhi incontraron quelli d'una giovine donna che pregava dinanzi al sepolcro di Fernando Gonzales; gli sguardi, come direbbe Teofilo Gauthier, si annodarono; la giovine arrossì, il Re le tenne dietro quando uscì dalla chiesa, e l'accompagnò fino a casa. Per molti giorni, nello stesso luogo e all'ora medesima, si rividero, si guardarono, si manifestarono cogli sguardi e coi sorrisi la simpatia e l'amore; e sempre il Re seguitò fino a casa la donna, senza dirle una parola, e senza ch'ella mostrasse di desiderare che gliela dicesse. Una mattina, uscendo di chiesa, la bella sconosciuta lasciò cadere il fazzoletto; il Re lo raccolse, lo nascose in petto e le porse il suo. La donna, suffusa di rossore, lo prese, e asciugandosi le lagrime, disparve. Da quel giorno Don Enrico non la vide più. Un anno dopo, essendosi il Re smarrito in un bosco, fu assalito da sei lupi affamati; dopo una lunga lotta ne uccise tre colla spada, ma gi