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Aggiornato: 14 luglio 2025
Gan di Maganza quella stessa sera er'ito a Carlo Magno rimbambito, e a pro di Filinor d'una maniera gli avea parlato che l'avea stordito; perocché Gano è la sua primavera, le sette trombe ed il prato fiorito. Se gli avesse parlato san Matteo, in confronto di Gano era un uom reo. Pensa che il Maganzese non soggiorna: a Namo avaro er'ito anche a parlare.
Gano con sue parole assai stemmatiche, facendo il vecchio stanco e cagionevole, dice: Qui son, ma pesanmi le natiche: venni per questo putto meritevole. Quando si tratta di cose tematiche, ogni fatica dev'essere agevole. Raccomando alla vostra pia natura quest'uomo insigne, ch'è mia creatura.
Io non so dicea l'altra se sappiate che in questa casa non dispongo un grosso, e c'ho un fratello e una cognata intorno, che ascoltan prieghi come il ciel del forno Risponde Gan: Se voi saprete fare, il marchese Terigi è buon cristiano; io so che gli farete fuor schizzare, ché a lui son come un soldo al gran soldano. Gridò Marfisa: Oh poffare! oh poffare! si vede ben che sei l'antico Gano.
Rispose Gano: Un posto oggi è vacante di cavalier di camera al re Carlo, ch'è di trecento e piú zecchin fruttante il mese; e so ben io come vi parlo. Ma v'è di mezzo non so qual brigante, senza di cui non si può guadagnarlo; certa persona incognita v'è sotto, per seimila zecchini in un borsotto. Io non n'ho che tremila e gli sacrifico, ma per gli altri tremila non ho modo.
Rise Marfisa e sul viso gli ha dato con il ventaglio, ch'era leggiadrissima; e finalmente ognuno a pranzo andava. In casa a Gano Filinoro entrava. Vide a piè della scala Gan teneva, come un gigante, un crocifisso Cristo. Nel girar della scala che faceva, eccoti innanzi un altro Gesú Cristo. Nella sala maggior entra, e vedeva la Via crucis. Per tutto c'è Cristo.
Di Filinor Terigi è in gelosia. Questo mi basta. Io t'ho inteso. Va' via. Gano levossi, e: Il ciel vi benedica, vi lascio con la grazia del Signore disse partendo. Or converrá ch'io dica del marchese Terigi senza core, che tra il martello e l'amor per l'amica se gli era liquefatto in un favore. Dopo la notte della ricreazione era smagrato trenta libbre buone.
Que' padri, dopo una lode sincera alla pietá di Gano, pe' contanti e per la sacra oblazion della cera, lo van benedicendo tutti quanti. E dicon: Tutto farem volentiera: Dio ci esaudisca, Dio ci faccia santi. Poi chiaman paratori e fornitori, perché il dí susseguente Iddio s'onori.
La fama va per lungo e per traverso di questo piato; ogni omiciatto sallo; tanto che negli uffizi questo fatto die' quasi a Filinoro scaccomatto. Seppelo Gano, e tosto quell'ostiere fece con un esilio cacciar via. Io so, ciascun la ragion vuol sapere che Gano a Filinor sí amico sia.
Qui andaron al tinel, dove parate son le vivande, ed altro ch'uova sode! Pasticci si vedean, marmite piene, zuppe, salvaticine ed ogni bene. Qui stava Berta dal gran piè, consorte del conte Gano ne' secondi voti; Baldovin figlio, e della nera sorte due frati grassi, in cèra assai devoti, che facevan crocioni in sulle torte.
Chiama il prete Gualtieri: Deh! t'accosta, dicendo, ed il cartel gli dava aperto. Don Gualtier legge. Il caso del duello non vo' dirvi per or, ch'è troppo bello. Il duello non segue per la mente di don Gualtier. Marfisa è screditata. La corregge Ermellina. Agiatamente Gano sen muore in forma inaspettata. Bandito è Filinor: resta furente Marfisa e fuor di modo disperata.
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