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I due antagonisti erano sempre fissi al loro posto. L'Americano, che non vedeva ancora lo scaccomatto e che non capiva la selvaggia tattica del negro, cominciava ad annoiarsi ed a pentirsi dell'eccessiva cortesia che l'aveva spinto a quella partita. Avrebbe voluto finirla presto ad ogni costo, anche a costo di perdere; ma dall'altra parte il suo orgoglio di razza glielo impediva; un bianco ed un gentiluomo non poteva esser vinto da uno schiavo; inoltre la sua coscienza di gran giuocatore e il lungo studio de' scacchi non gli permetteva di fare un passo che non fosse pensato. Giunto alla quindicesima mossa, s'accorse che il suo re non s'era ancora arroccato, alzò le mani, colla sinistra sollevò il re, con la destra la torre, e stava gi

Anderssen rivide in quest'uomo disteso a terra l'alfiere nero che lo aveva vinto. Tom agonizzando pronunciò queste parole: Gall-Ruck è salvo... Dio protegge i negri... e morì. Due ore dopo il cameriere che entrò nella sala per dar ordine ai mobili, trovò il cadavere del negro per terra e lo scaccomatto sul tavolo. Giorgio Anderssen era fuggito.

Ogni fitta teneva l'occhiaia in su' processi per fare un bel tratto; perché investia di scudi le migliaia, e alfin temeva qualche scaccomatto o dalle doti o da' fideicommissi; onde avea gli occhi in sulle carte fissi. Poi tanti dubbi e cavilli trovava co' poveretti che bisogno aviéno, che sin per venti il cento comperava.

La fama va per lungo e per traverso di questo piato; ogni omiciatto sallo; tanto che negli uffizi questo fatto die' quasi a Filinoro scaccomatto. Seppelo Gano, e tosto quell'ostiere fece con un esilio cacciar via. Io so, ciascun la ragion vuol sapere che Gano a Filinor amico sia.