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Aggiornato: 18 giugno 2025
Egli spedì subito il triste annunzio mortuario ai parenti ed agli amici, e fece tutti i preparativi necessari. Il giorno delle esequie il parco fu invaso dalla folla, che aspettando il momento del trasporto, girava pei viali, ammirando il sito pittoresco, e ciarlando sotto voce.
Qui era corsa la voce, che tu eri caduto nelle mani del Lautrec, e noi tutti ti credevamo spacciato. Ringrazia dunque i tuoi cari compatriotti, disse allora il Mandello battendo leggermente sulla spalla del Palavicino, che con tanta allegria attendevano a farti le esequie. Il modo per altro è nuovo! Il conte Birago tacque e chinò la testa.
Apri gli occhi, Tancredi, a queste estreme Esequie, grida, ch'io ti fo col pianto: Riguarda me che vo' venirne insieme La lunga strada, e vo' morirti accanto; Riguarda me, non ten fuggir sì presto: L'ultimo don ch'io ti domando è questo.» «Apre Tancredi gli occhi, e poi gli abbassa Torbidi e gravi: ed ella pur si lagna. Dice Vafrino a lei: Questi non passa; Curisi dunque prima, e poi si piagna.
Insigne omaggio in patria Davvero a me vien fatto! Poëta pe' miei villici Sinonimo è di matto. È morto il medico Dell'ospedale, I preti adunansi Pel funerale; Degli ammalati Ch'egli ha curati Perchè alle esequie Niuno è venuto? Ahi! tutti quanti L'han preceduto! Ei con tua moglie giacque, Lo sorprendesti in letto, Da ciò una sfida nacque, Fosti ferito al petto.
La prima visita di Gervasio e di Silvio fu fatta al Cimitero, ove portarono una ghirlanda sulla tomba del padre e del nonno. E quando Treviso celebrò nella cattedrale solenni esequie ai martiri della patria, tutta la famiglia Bonifazio assistette alla grandiosa cerimonia.
Era la sua grande passione. Una mattina lo vidi che seguiva le esequie di un capitano suicida. Era accanto alla banda musicale, tutto pensoso, l'eterna ombrella sotto il braccio. Lo vedevo poi qua a l
Cominciava il crepuscolo, l'ora preferita dell'angelo della morte. Rompevano il silenzio dei belati che sembravano lamenti. Gli alberi si agitavano alla brezza mattinale come rabbrividissero e gocciolavano lagrime di rugiada. Un gallo cantava colla sicumera crudele di un diacono che intona le esequie. Baccio suonava l'angelus, e insieme l'agonia del sindaco.
Oberto e Ildebrandino erano divenuti nemici, come si vide, e i nemici in casa sono peggiori di quelli coll'armi alla mano. Ildebrandino pensava: L'ho colmato di benefizi, come se fosse mio figlio, e speravo tanto d'Oberto! L'avevo bene cresciuto! "Voglio Imilda!" Dopo ch'io gliela avevo concessa' Non doveva, non poteva dire così.... Ma v'è un'offesa maggiore! Sì, Ildebrandino aveva udito amarissimamente rinfacciarsi la sua mala fortuna di un tempo, e fu trafitto da quel dubbio villano: "Fate che, morendo voi, io abbia un castello o la memoria...." E che aveva soggiunto Oberto? Le esequie? Ildebrandino aveva capegli grigi: pensò e ripensò, e si sentì come maledetto.... Quel giorno in cui Oberto tornò da Saluzzo chiedendo d'Imilda, Ildebrandino rispose: È mia figlia! e veramente provò addoppiato l'amore per lei, gi
Cercáti una vittoria nella quale è meglio restar vinto che vincere. Per acquistar una moglie perdernosi duo mariti: volete che le vostre spose siano prima vedove che spose? volete che coloro, ch'eran venuti per onorar le vostre nozze, onorino le vostre esequie? DON IGNAZIO. Dite presto, madre, che sète per dire.
Non erano ancor finite le splendide esequie fattegli in pubblico, e le imprecazioni lanciategli in privato, che, per paura non mancasse un padrone, noi popolo col suffragio universale ci affrettammo di eleggere principi Bernabò, Galeazzo e Matteo, quei tre fratelli che i nostri congiurati avevano sperato liberatori del paese.
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