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Aggiornato: 22 giugno 2025


Tutti gli occhi naturalmente si fissarono sopra Buonvicino; i più dei confratelli dissero col cuore, ed alcuni anche colle labbra, che il prevosto aveva ragione, sebbene non s'inducessero a credere che Buonvicino avesse torto: altri però, e massime i novizj, chinavano il capo e tacevano, e dopo un silenzio meditabondo esclamavano con un sospiro: Povera gente!» e taluni anche Povero Buonvicino

Tutto quanto! esclamavano la signora Angelica e la signora Rosa, un po' inquiete, un po' intimorite, indicando a Don Giuseppe, per far entrare subito Evelina nelle sue buone grazie, la zuppiera odorosa, fumante.

Pover'uomo! esclamavano in coro la matrigna e la figliastra. Pensare che una volta era lui il padrone! È la ruota della fortuna ripigliava il grave signor Ambrogio. Un tempo c'era l'aristocrazia veneziana, adesso c'è l'aristocrazia inglese. E nel dir così si stropicciava le mani come se a quest'aristocrazia inglese appartenesse anche lui.

Vi ho promesso, diceva, di fare il meglio che sapessi. Ora, che cosa direste, miei degni messeri, se io vi dessi per il vostro danaro anche meglio di quello che so far io? Meglio! esclamavano i massari! Eh via.

Ahimè! esclamavano le due madri percuotendosi la fronte, ahimè! dunque?... No, mie care, questa profezia di dolore non è particolare a voi; è per la nazione che non conosce i suoi delitti e pretende concorrere al premio, ed io le grido: Tre volte guai a te che pretendi il nome di Sionne e non sei che un'empia Babele!

Salva! salvaesclamavano le madri nel vederlo venire di carriera, e si affaccendavano a levare di mezzo alla strada i bambini trescanti.

Il ministro aveva proferita l'ultima frase col piglio di un uomo che non ha altro da aggiungere. «Ho detto» esclamavano in questo caso gli antichi oratori. Polissena indovinò il salmo dell'antifona, ed abbassò prontamente le ali. Non poteva sperar nulla per le sue vendette da Paolo, poichè in lui il ministro prendeva il posto dell'amico. Pazienza, mia bella signora, pazienza!

Il difetto degli Spagnuoli che colpisce fin dalle prime lo straniero, è questo: che nell'estimare le cose, gli uomini e gli avvenimenti del loro tempo e del loro paese, sbagliano, se così può dirsi, la misura; ingigantiscon tutto; vedono ogni cosa come a traverso una lente che ne dilata spropositatamente i contorni. Non avendo avuto da lungo tempo una partecipazione immediata nella vita comune d'Europa, mancò loro l'occasione di paragonarsi cogli altri Stati, e di giudicar stessi dal paragone. Perciò le loro guerre civili, le guerre d'America, d'Affrica, di Cuba, sono per loro quello che son per noi, non la piccola guerra del 1860 e 61 contro l'esercito papale od anche la rivoluzione del 1860; ma la gran guerra di Crimea, quella del 1859, quella del 1866. Dei combattimenti, sanguinosi senza dubbio, ma non grandi, che illustrarono le armi spagnuole in quelle guerre, parlano come i Francesi di Solferino, i Prussiani di Sadowa, gli Austriaci di Custoza. I Prim, i Serrano, gli O'Donnell, sono generali che mettono al lato dei più insigni degli altri paesi. Mi ricordo del chiasso fatto a Madrid per la vittoria riportata dal general Morriones su quattro o cinque mila Carlisti. I deputati, nella sala di conversazione delle Cortes, esclamavano enfaticamente: Eh! La sangre española! ; alcuni dicevan persino che se un esercito di trecentomila Spagnuoli, si fosse trovato in luogo dei Francesi nel 1870, sarebbe corso difilato a Berlino. E certo non si può dubitar del valore spagnuolo, che diede di tante prove; ma è lecito il supporre che fra Carlisti disordinati e Prussiani stretti in corpi d'esercito, fra soldati d'Europa, per farla più larga, e soldati d'Affrica, fra grandi battaglie campali, dove la mitraglia miete le vite a migliaia, e combattimenti di diecimila soldati per parte, con disparit

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