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Non s'assicura nel profondo seno di vostre glorie entrar mia navicella sotto la scorta del mio cieco ingegno. Solchi 'l gran mar di vostre lodi a pieno più felice alma, a cui più chiara stella porga favore in più securo legno. XVIII. A Pietro Bembo Bembo, io che fino a qui da grave sonno oppressa vissi, anzi dormii la vita, or da la luce vostra alma infinita, o sol d'ogni saper maestro e donno,

Pur vi rivedo ancor, povere stanze, Linde stanzette de la madre mia: Oh, nel mio sen, che folla di speranze, Quando, ricca di sogni, io ne partìa!... Pur vi rivedo ancor, povere stanze. O bianco letto ove dormii bambina, O vaghi fiori, o ninnoli gentili, Soavemente, con virtù divina, Voi mi parlate dei trascorsi aprili; O bianco letto ove dormii bambina!...

Quella notte non dormii affatto e la mattina seguente fui il primo a entrar nel salottino attiguo alla sala da pranzo dove gli inglesi scendevano fra le sette e le nove a prendere il thè. Mi era venuto nella notte il dubbio che la dolce voce appartenesse ad una signora che avevo veduto per la prima volta il giorno innanzi, e che era discesa a pranzo con l'altra dal profumo di rose.

Dell’ombra io spierò sogni e misteri, e del silenzio i fremiti sommessi; e ingenue laudi comporrò con essi che tu modulerai lungo i sentieri....» «.... Vanni, m’ha desta il brivido dell’alba, dormìi sull’erba come in un lenzuolo: chi fu che mi vegliò tacito e solo, sotto l’incanto della luna scialba?...

Quella notte dormii agitato. L'immagine del vecchio, le sue parole dolci, quella tinta di dolore e di rassegnazione che ne facevano un vero filosofo, mi ritornavano alla mente coi vivi colori della realt

Com'ebbi così conchiuso, salutai la contessa, il generale e la signorina Clelia; strinsi la mano a Raimondo, e lusingato del buon esito della mia cura, andai a cacciarmi fra le coltri. Io non amavo, però dormii sonni profondi; e siccome la contentezza di Raimondo si rifletteva nel mio cuore, sognai che avevo una bella, e che la mia bella mi faceva una carezza.

Rivivendo nel passato si vive due volte, e la natura ci spinge con istinto irresistibile a raddoppiare la vita. Quando la stanchezza eccessiva ed il sonno persistente mi chiudevano le pupille mi coricai, e dormii profondamente, ma la luce del crepuscolo entrando per gl'interstizii delle gelosie mi trovò desto.

Lasciai Giuliana per ritirarmi nella mia camera, protestando il dolor di capo. Come fui sul letto, la stanchezza mi vinse quasi subito. Dormii profondo, molte ore.

I dolori infierivano. Feci telegrafare a Modigliana l'accaduto e attesi fra gli spasimi che ritornasse qualcuno a raccontarmi dei funerali. Allora io stesso non credevo la cosa molto grave. La notte seguente non dormii. L'indomani verso sera venne a trovarmi un gruppo dei giovani che dovevo rappresentare.

Si giunse a Torino verso le undici, e appena scesi all'albergo egli ordinò la sua cena e disse di portargliela in camera. Ci stringemmo la mano ed egli mi disse: Vado a lavorare. Domattina avrete la vostra novella. Io dormii profondamente tutta la notte essendo stanchissimo, e mi risvegliai verso le nove. Subito corsi alla camera d'Arnoldo e ne trovai la porta spalancata. Dentro nessuno.