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Aggiornato: 13 giugno 2025
30 Guidon, che questo esser Rinaldo udio, famoso sopra ogni famoso duce, ch'avuto avea più di veder disio, che non ha il cieco la perduta luce, con molto gaudio disse: O signor mio, qual fortuna a combatter mi conduce con voi, che lungamente ho amato ed amo, e sopra tutto il mondo onorar bramo?
«Oh!», diss’ io lui, «non se’ tu Oderisi, l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’ arte ch’alluminar chiamata è in Parisi?». «Frate», diss’ elli, «più ridon le carte che pennelleggia Franco Bolognese; l’onore è tutto or suo, e mio in parte. Ben non sare’ io stato sì cortese mentre ch’io vissi, per lo gran disio de l’eccellenza ove mio core intese.
Ed elli a me: <<Vedrai quando saranno piu` presso a noi; e tu allor li priega per quello amor che i mena, ed ei verranno>>. Si` tosto come il vento a noi li piega, mossi la voce: <<O anime affannate, venite a noi parlar, s'altri nol niega!>>. Quali colombe dal disio chiamate con l'ali alzate e ferme al dolce nido vegnon per l'aere dal voler portate;
Bastiti, e batti a terra le calcagne; li occhi rivolgi al logoro che gira lo rege etterno con le rote magne». Quale ’l falcon, che prima a’ pié si mira, indi si volge al grido e si protende per lo disio del pasto che l
22 Ora essendo voi qui per ascoltarmi, ed io per non mancar de la promessa, serberò a maggior ozio di provarmi ch'ogni laude di lei sia da me espressa; non perch'io creda bisognar miei carmi a chi se ne fa copia da se stessa; ma sol per satisfare a questo mio. c'ho d'onorarla e di lodar, disio.
Or per empierti bene ogne disio, ritorno a dichiararti in alcun loco, perché tu veggi lì così com’ io. Tu dici:
30 Il disleal con le ginocchia in terra lasciò cadersi, e disse: Signor mio, ognun che vive al mondo pecca ed erra: né differisce in altro il buon dal rio, se non che l'uno è vinto ad ogni guerra che gli vien mossa da un piccol disio; l'altro ricorre all'arme e si difende, ma se 'l nimico è forte, anco ei si rende.
Ed elli a me: «Avante che la proda ti si lasci veder, tu sarai sazio: di tal disïo convien che tu goda». Dopo ciò poco vid’ io quello strazio far di costui a le fangose genti, che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio. Tutti gridavano: «A Filippo Argenti!»; e ’l fiorentino spirito bizzarro in sé medesmo si volvea co’ denti.
Tanto mi parver sùbiti e accorti e l’uno e l’altro coro a dicer «Amme!», che ben mostrar disio d’i corpi morti: forse non pur per lor, ma per le mamme, per li padri e per li altri che fuor cari anzi che fosser sempiterne fiamme. Ed ecco intorno, di chiarezza pari, nascere un lustro sopra quel che v’era, per guisa d’orizzonte che rischiari.
<<S'ei posson dentro da quelle faville parlar>>, diss'io, <<maestro, assai ten priego e ripriego, che 'l priego vaglia mille, che non mi facci de l'attender niego fin che la fiamma cornuta qua vegna; vedi che del disio ver' lei mi piego!>>. Ed elli a me: <<La tua preghiera e` degna di molta loda, e io pero` l'accetto; ma fa che la tua lingua si sostegna.
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