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Aggiornato: 10 novembre 2025
Non cascò egli, per altro; che anzi stette fermo più che mai su due piedi, e voltatosi di sbieco, guardò in volto Lorenzo, come per sincerarsi se parlasse da senno. Non lo conoscete? Ve l'ho detto; non lo conosco. Bravo! Ed egli sa i fatti vostri? A un dipresso; rispose Lorenzo. Vi sa di strano? No; che diamine?
Egli non aveva i capelli bianchi per nulla; sapeva come andavano quelle cose; i ladri domandavano sempre molto e poi finivano col contentarsi di una miseria. Provvedessero la mula storna, del resto se n'incaricava lui. Una mula storna?... o chi diamine n'aveva delle mule storne?... ah, sì, Peppe Facce di vino; e si mandò da questo.
Un tipo di fanciulla più simpatica, più piccante, più piacente di lei non lo si potrebbe imaginare facilmente. Dove diamine la signora Eugenia ed il notaio Martelli fossero andati a pescar tanto spirito, per dare vita a quella loro creatura, è un mistero!
Il generale pareva riflettere, e la sua fronte si rischiarava. Fu egli il primo a rompere il silenzio: La mia creatura sa essa di questo amore? Non lo so, ma credo di no. E che venite dunque a contare a me? Perdonate? ma se io potessi dirlo ad essa, non lo direi a voi. Lo credo. Ma io non so come fare a dirglielo. Eh! diamine; non glie lo dirò gi
Nella platea i singhiozzi, trattenuti da lungo tempo, proruppero violentemente. Si udì un grido acutissimo di femmina ed il romore d'un corpo umano che precipiti al suolo. Lindo osò guardare, come gli altri, per conoscere che diamine fosse accaduto. Restò di sasso. Dietro il suonatore di tamburo due o tre contadini sollevavano a fatica una donna caduta in deliquio e quella donna era Veronica!
Lorenzo appariva tranquillo; solo l'amico Assereto si faceva lecito di scrollare il capo e di battere de' piedi sul terreno, in guisa da lasciar trapelare che non il freddo soltanto gli recasse molestia. Così la intese il Salvani, perchè, dopo alquante battute di quella fatta, si voltò all'amico e gli disse: Diamine! che impazienza è la tua?...
Era impossibile che egli non indovinasse lo sforzo con cui io gli faceva questo invito ma s'egli non dubitava di nulla, a che mai attribuirlo? Mi domandò se non sarebbe riuscito importuno gli risposi diamine, ma freddo. Eugenio comprese che la sua compagnia in quel giorno non era desiderata.
Che diamine era venuto a fare prete Barnaba in casa del notaio?
Un qualche capiler al caffè, quando tu voglia leggere i giornali, una qualche corsa in omnibus.... Una qualche scampagnata cogli amici.... Ah! le scampagnate, mio caro, costano troppo. E poi, adesso vedi, è diventato quasi inutile l'andar in campagna. Abbiamo il nostro bel giardino pubblico. Io ci vado spesso e talvolta mi par proprio di essere in Svizzera sulle Alpi. Oh, diamine! Ma, e il teatro?
Sono venti giorni, senza mettere in conto questo, incominciato appena, che Aloise non viene da me, e quando io vado da lui, non lo trovo in casa. Diamine! E così, sono venti giorni che non lo vedete? Oh, non dico gi
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