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Da questo assennatissimo discorso dell'amico Assereto, fu incalzato Lorenzo a proseguire il suo dramma. Ci s'era messo attorno di lena. Ne aveva cavate le ragioni filosofiche dal profondo dell'anima, e lo andava scrivendo, stiamo per dire, con le sue lagrime.

L'ottimo Assereto parlò forse mezz'ora, senza essere interrotto, narrando partitamente e minutamente tutto quel che sapeva; come il suo e loro amico Salvani avesse avuto mano nei rimescolamenti politici de' giorni innanzi; come avesse in casa sua una sorella adottiva; come fosse stato custodito fino a quel tempo in una cassettina d'ebano il segreto dei natali di lei; come un'apocrifa perquisizione rapisse la cassettina appunto in quell'ora che il Salvani metteva a repentaglio la vita e la libert

Mettiamo le fondamenta. Perchè questa guerra al Salvani? Che nemici ha egli, giovine, modesto, quasi oscuro, come è? Lo sai tu, Assereto? Credo non ne abbia alcuno, salvo il Collini, che lo tirò dapprima in quel suo garbuglio che sapete, e poi, quando egli se ne cavò valorosamente colle sue mani, gliene volle un mal di morte. Il Collini! Non mi basta; sentenziò il Giuliani.

Ma Giorgio Assereto avea crollato le spalle, chiedendogli se egli, Lorenzo Salvani, avesse dato il cervello a pigione; e Aloise di Montalto, fior di gentiluomo se altri fu mai, gli aveva soggiunto: Se quel conte apocrifo mandasse una disfida a voi, ed io avessi la fortuna di essere vostro padrino, comincerei da non averlo per degno avversario, e sfiderei per conto mio quei due gentiluomini che avessero ardito presentarsi come suoi mandatarii.

La prego, se torneranno in casa, a dir loro che Giorgio Assereto, con altri amici del signor Lorenzo, sono venuti due volte, stamane, a chieder notizie. Non dubiti; sar

Lo saprete insieme colle cose gravi per le quali sono venuto stanotte. Ah, gli è vero: parliamone dunque, e subito. Paulo majora canamus! disse il Giuliani. Eccoci ad ascoltarti. Ed egli, e gli altri tutti, si raccolsero nel più profondo silenzio per udire le cose gravi dell'amico Assereto.

Lorenzo appariva tranquillo; solo l'amico Assereto si faceva lecito di scrollare il capo e di battere de' piedi sul terreno, in guisa da lasciar trapelare che non il freddo soltanto gli recasse molestia. Così la intese il Salvani, perchè, dopo alquante battute di quella fatta, si voltò all'amico e gli disse: Diamine! che impazienza è la tua?...

L'amico Assereto, come sanno i lettori, che lo conoscono un tratto pe' suoi ragionamenti con Lorenzo sul terrazzo della salita di San Francesco d'Albaro, era un pessimista. Ora, i pessimisti, di cento ne indovinano novantanove. Un proverbio dice: «pensa la peggio e l'indovinerai» e i proverbi, ha detto un grand'uomo, sono la sapienza dei popoli.

Almeno, a breve conforto tra tanti affannosi pensieri, avesse avuto fede nella rivolta! Ma non l'aveva, e le ore che passò con Giorgio Assereto, innanzi di recarsi al suo posto di combattimento, non fecero altro che scorarlo di più.

Il sangue si rimescolò tutto nelle vene al Salvani, e una vampa di fuoco gli corse alla fronte; tuttavia si contenne: Signori, ripigliò a dire, non avevo finito. Io ed il mio onorevole collega Giorgio Assereto significavamo alle Signorie loro il nostro rammarico, perchè questo era debito nostro.