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Vestiva lindo, ma severo; portava un'ampia cravatta bianca che gli fasciava due volte la gola, e le cui due punte giungevano a stento a riunirsi in un piccolo nodo davanti; aveva un panciotto verde a rigoni, un ampio soprabito col bavaro di pelo e faceva passare continuamente da una mano all'altra una lunga canna di zucchero sormontata da un grosso pomo dorato.

L'appartamento, vasto, ben aerato, lindo e gaio, mobigliato con ricercatezza: del palissandro, allora prezioso ancora, cortine di seta, tappeti, porcellane, quadri, una bella biblioteca, dei bei cristalli, degli specchi dovunque. Un lacchè in livrea si teneva stecchito nell'anticamera. Una donna confezionava, starei quasi per dire, ricamava la cucina.

Aveva fatto un cuscino ben soffice per Bitto, che se lo godeva in santa pace russando tutto il giorno e svegliandosi soltanto per esprimere la sua soddisfazione alla padrona con occhiate piene d'affetto, ogni volta che gli passava dappresso. Tutto era lindo, pulito, elegante, tiepido.

Il popolo, i giudei ed i veliti romani partirono insieme col pontefice; ma la scena restò libera poco tempo ed al posto di Caifasso ritornò Pilato, alle cui calcagna camminava un servo recante la catinella di stagno con l'acqua per lavarsi. Lindo, trascinato dagli stessi nemici, accompagnato dalla stessa turba curiosa, ricomparve su la scena.

Arrivato dabbasso, oltrepassando la porta della bottega munita di vetri e di una cortina azzurra, credette di scorgere in casa due persone che discorrevano. Esse trovavansi proprio nella visuale tra la porta e la finestra: da cui penetrava, come al piano superiore, una vivissima e lietissima luce. Nell'animo di Lindo sorse improvviso un feroce sospetto.

Il biglietto diceva: Vieni subito. Quella sera c’era ballo a Corte; ammalatosi il primo violino, la contessa mi aveva proposto surrogante vantandomi per eccellentissimo; bisognava far le prove e improvvisarsi un vestimento. Dalle prove uscii trionfante; a vestirmi pensarono la mia protettrice e le sue cameriere sicchè all’ora del ballo ero lindo, attillato, imparruccato e galante come un signore.

Gli altri si credettero in dovere di ribadirgliela con una decina di mazzate. E le vescichette piene di vino, celate fra i peli della parrucca, scoppiarono lasciando uscire su la fronte di Lindo un liquido rosso il quale aveva tutta la somiglianza col sangue. Tremenda vista! Pilato presentò il nazzareno agli astanti mormorando: Ecce homo!

Fortunatamente, a sollevarlo da quello zelo soverchio, capitò in buon punto il presidente del teatro, un vecchietto lindo, lindo, tinto e profumato come una saponetta, che volle condurlo sul momento a visitare i ristauri del palcoscenico, e la nuova rampa del gaz, fatta costrurre apposta sul disegno di quella della Scala di Milano.

Il buon Lindo alle tre ore, giunto dall'aver combinato un suo negozio, salì di fretta in camera propria. Gi

Quando vide che Lindo stava per scendere dalle scale gli corse dietro dicendogli: Hai tutto? non dimentichi qualcuno de' tuoi stracci? prendesti la cintura? e i sandali? non mancheranno mica i bottoni, alle volte? Ma Lindo non rispose pure, perchè aveva fretta. Non si udiva più fracasso in paese e questo era segno che tutti stavano al teatro.