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Alzate i risi, e ricolmate il seno Di giocondo piacer; vostri desiri In questo ponno fornirsi appieno: Su, su, vostro trionfo oggi si miri; D'Ottomano il furor tenete a freno, E procurate a' suoi crudi martiri; Il potete adoprar, Dio nol vi nega, Anzi la destra, ed i suoi tuoni impiega.

Ivi non scende a colorire il sole I soavi desiri e della cara Vita son morte tutte le parole. Nella palude senza fine amara, Lugubre navicel, cerca e non trova Ove sbattuta approdi ivi una bara. E allora, o ciechi, il dolce amor che giova, Che negli umani affanni il sole accende Di vita in questa così breve prova?

E poi prendea fiducia, e proseguìa A lui tutti schiudendo i miei desiri: Lo supplicava per la madre mia Che sparso avea per me tanti sospiri! Pel dolce padre calde preci offrìa! Per tutti quegli amati onde i martìri M'eran del martìr mio più dolorosi, E ch'io tanto di me sapea bramosi! Del Moravo castello umil tempio, Quante grazie ti debbo soavi!

Dardagan tace alquanto, indi non cessa Di seguir gli ardentissimi desiri, E raccogliendo i suoi pensier, dislega Alfin la lingua, e lusinga e prega: XXXIV

Qual felice fia per l'Orïente Alma, o paga degli uman desiri, Che per invidia non divenga ardente, Quando alle tue grandezze ella rimiri? Tu su le voglie d'Ottoman possente ch'ubbidisca del tuo guardo ai giri? che cangi color per tuoi sembianti? che venga di ghiaccio a te davanti?

A tanta vista io mi rivolsi, e stretto Tenere il fren non valsi a' miei desiri , che da me rubella uscì dal petto L'anima tra gli affanni e tra i sospiri, E, come dir non so, provai diletto, E ne l'istesso tempo anco martiri, E pianti sparsi, e trasformai sembiante In gran pensieri ora arsa, ora tremante.

Dicea: nobil cagion de' miei martiri, Tue giuste voglie ecco appagate or vedi Per la faretra mia: s'altro desiri Dal tuo fedele, apri la bocca e chiedi; Se con nemico duce altro t'adiri, Te 'l mirerai senza dimora a' piedi Qui da me tratto a supplicar la vita, E spegnerollo con mortal ferita.

I suoi labbri, rinfrescati da cotesta rugiada di lacrime, forse si sarebbero aperti ad una voce, quando il frate, che presso loro spiava i dubbiosi desiri, mettendo la sua in mezzo alle loro teste, ed adombrandole in parte con la barba canuta che gli pendeva in copia giù dal mento, con voce sommessa così favellò: Silenzio!

Umile , ma ardimentoso il core Sorga dal fango e si sollevi a Dio: Cinto d'argilla, ma di te, Signore, Figlio son io! Bella è la terra, e i favillanti strali Del nobil astro che il suo sen feconda, E il e la notte, e i fiori e gli animali, E l'aere e l'onda. Bello è l'imper dell'uom su gli elementi: Ei gioia cerca, e gioia sogna o trova; Ma sete sempre han suoi desiri ardenti Di gioia nuova.

Sul fin de le parole affisa il guardo, Che d'almi rai divinamente splende Verso il guerriero; ed AMEDEO non tardo In brevi detti la risposta rende: I decreti celesti io non ritardo; Qualunque indugio i miei desiri offende: Veggasi in questo Rodi difesa; E la mia vita altieramente è spesa.