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Aggiornato: 5 giugno 2025
SANTILLA, FESSENIO servo, LIDIO, FANNIO servo. SANTILLA. Eh! Fessenio, dov'è mio fratello? FESSENIO. Vedilo lá, ancor con li panni che tu li desti. Andiamo a lui. Lidio, conosci tu costei? LIDIO. Non certo. Dimmi chi ella è. FESSENIO. Quella che, in tuo loco, con Fulvia rimase; quella che tanto hai cercato. LIDIO. Chi? FESSENIO. Santilla tua. LIDIO. Mia sorella?
Una sera, che ci fece la stampita più lunga, figúrati che ci sciorinò tutto il canzoniere della Bella Mano. Tu non lo conosci, il canzoniere di Giusto de' Conti da Valmontone, tutto inteso a celebrare la mano della sua bella? Lo conosco io, pur troppo, e me ne dolgono ancora gli orecchi. Maledetto biondino!
Non mi piace star qui: qui è tutto brutto, non ho niente da fare. Guardò il notaio, chiedendosi se potesse parlargli di Nicla, ma pensò ch'egli non la conosceva. Non è vero che tu non la conosci, Nicla? disse. Nicla? Chi è Nicla? chiese il dottore Alemanni. Vedi, che non la conosci! continuò Bruno con un senso di commiserazione.
PEDOLITRO. Io non ci ho, in questo, interesse alcuno, né per conto d'interesse direi la bugia: e non essendo di natura bugiardo, godo nel dir la veritá. CLERIA. Dice che Cleria sia morta, e io viva sono: il testimonio t'è presente. PEDOLITRO. Ed io ti dico che tu Cleria non sei. Ma tu conosci chi son io? CLERIA. Certo, no. PEDOLITRO. Tu non sai chi sia io? riconoscimi bene.
Scriveva alla contessa: «Non sono più quella che tu conosci; se mi avessi a vedere, saresti forse spaventata dal mio aspetto; le mie lettere ti mostreranno quanto si sia mutato il mio carattere e come ogni coraggio mi abbia lasciato. Il vuoto si fa intorno e dentro di me; capisco che in me stessa come nella mia vita c'è qualcosa che si rompe, sento che nulla più mi appartiene, fuorchè il passato.
Avrei mentito a mezzo, tacendo. Conosci i figli d'Itiba, o Damiano, come siano saldi ai tormenti. Il cielo non ha consentito loro altra difesa che questa! Ma per me non fu necessario, e la mia povera persona non sar
Instupedí la povera figlia e aiutata dalla sua innocenza diceva: Padre mio, ascolta le mie ragioni; se conosci che ho fallato, ti porgerò il petto ché mi ammazzi! Egli, come un vitello che cerca di scappar di mano di coloro che lo conducono al macello, cercava scappar da man di quelli che il tenevano.
Parli della messa come parleresti del caffè che si prende appena alzate osservò la Valdengo. Non scherzare, Teresa.... Mi conosci da bambina. Ho sempre avuto religione, io. L'altra sospirò. E credi che io non ne abbia? Oh, lo so.... La vostra religione fumosa, vaporosa.... Tant'è non averne. Ti pare?
GUGLIELMO. Sian benedetti i cieli che mi vi tolsero dinanzi, ché mi avevano stracco con non so che vignarolo o che argento! Tic toc. ARTEMISIA. Chi batte, olá? GUGLIELMO. O Artemisia, figlia cara, aprimi, che sii tu benedetta! ARTEMISIA. «Figlia cara», dice il furfante: ah, ah, ah! GUGLIELMO. Non conosci il tuo padre Guglielmo? ARTEMISIA. Chi Guglielmo? GUGLIELMO. Chi Guglielmo? tuo padre.
Scusami se chiudo l'Aleardi, ma gli è perchè passeggiando sul terrazzo mi viene incontro una signora. Porta essa una casacca assettata con baschine ripiegate, in casimiro, riccamente guarnita di ricamo, imperlata di lustrino. Tu la conosci: è la contessa V. di Napoli: ed io pure la conobbi ai bagni dell'Ardenza. D
Parola Del Giorno
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