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Il Valentino, mettendosi principe fra i condottieri, volle diventarlo per conto proprio. Il suo problema a distanza di secoli impicciolito nelle proporzioni storiche dell'Italia d'allora, ricordò quello di Annibale: costituirsi un esercito per impadronirsi dell'Italia. Se la famosa frase del carciofo non fu vera, basta alla gloria, del Valentino che gli sia attribuita.

¹ Vedi Capitolo decimoprimo. In questa sentenza favellava Manfredi, arrivato in San Germano al cospetto dei suoi condottieri; e se così avesse arringato per conseguire gloria di oratore, il suo desiderio sarebbe stato compito, perchè con tanto tumulto di mani percosse e di grida gli applaudirono gli ascoltatori, che pareva San Germano ne sobbissasse.

E invero, nell'anno 1867, sembrarono risuscitate d'un tratto, con tutti i loro caratteri, le compagnie di ventura medioevali e quei condottieri del passato, che, indipendentemente dallo Stato, conducevano i loro eserciti attraverso le campagne. Chi fu allora in Roma testimone di questo stato di cose, credette di essere tornato d'un tratto a vivere nel Medio Evo, e in un paese dove nullo era oramai il potere delle leggi; vide cose e figure che aveva gi

Ad ogni modo, in mancanza d'altri, i ghibellini si gettarono in braccio a uno strano capo, Giovanni re di Boemia figliuolo di Arrigo VII, un bel giovane tutto zelante per l'imperatore, per il papa, per la pace, per qualunque impresa, vero cavaliere di ventura, precursor de' condottieri, quasi giá condottiero.

Ma a don Apollinare, e a molti altri che avevano viso di condottieri, l'ore cominciavano a parer lunghe. Quattro giorni di disagi, erano stati d'avanzo a fare dar giù il bollore ai loro spiriti; e la prontezza d'animo con cui s'erano mossi, cedeva un po' ogni giorno, alla stanchezza in tutti, in molti alla noia, in taluni alla paura.

Ma fu danno pessimo e nazionale, quando i mercenari si raccolsero in compagnie grosse, quando esse e lor condottieri furono nuove potenze che s'aggiunsero a tutte quelle giá cosí miseramente moltiplici dell'imperatore e re, del papa, delle cittá, degli antichi e restanti signori feodali, dei nuovi tiranni.

Davanti alla scuola di Gallo, davanti alla fama insuperabile del glorioso adolescente, doveva Bombita, l’eroe di ieri, cedere il campo: eran così due capitani di parte, due condottieri di fazione, due superbi e giurati avversari che lealmente si davano la mano.

Il rinascimento è un soldato, ha detto poeticamente il Michelet: il rinascimento è un assassino, non ha osato dire il Ferrari pur lasciandolo intendere, ma quando il Macchiavelli entrò nella vita, gli assassinii erano ancora frequenti e i grandi condottieri usciti dalla scuola braccesca e forzesca quasi finiti. I venturieri esteri avevano gi

Al campo troviamo alcuni soldati spediti dal governatore di Adua per incontrarci e facilitarci il trasporto delle nostre casse: i condottieri dei buoi intanto, timorosi che colla forza potessero essere costretti a proseguire gratis, più che in fretta se ne tornarono indietro, lasciandoci un'altra volta nell'imbarazzo di doverne trovare dei nuovi.

E voi, condottieri delle rivoluzioni passate, che avete voi fatto? Che avete voi fatto del popolo, della gioventù, dell'idea rivoluzionaria, de' principii che ne dominano lo sviluppo, dell'Italia e della missione, ch'essa v'aveva fidata?