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Aggiornato: 17 giugno 2025


Quando Cammilla scese per prendere l'altra roba, Giacomo cominciò a mangiare il suo risotto, pensando alla cugina. E il naso?... come mai?... Dacché è un po' ingrassata le si è raddrizzato, il mento e il nasone sono spariti.

E il babbo sospirava lui, anche per il figliuolo. Così i due cugini erano liberi ed erano sempre insieme. Una sera, poco prima di pranzo, Giacomo chiamò la Cammilla in fondo all'ultimo stanzone. Aveva da regalarle una bella cravattina rossa. Ma voglio mettertela io. E per vederci tirò la fanciulla sotto la lampadina, davanti alla Santa Casa di Loreto. Essa alzò il capo per lasciarlo fare.

Giacomo! Giacomo!... Oh, egli era partito! Era lontano!... Non la udiva più! Giacomo! Giacomo!... e il cuore di Cammilla tornava ansioso a cercarlo, e il suo pensiero a seguire una nave fumante nel mare plumbeo, nel mare immenso... una nave che si allontanava sempre, e scompariva sull'orizzonte bigio e nella densit

La Cammilla, mortificata, non fiatò: un nodo le serrò la gola... e inconsciamente, rivolse lo sguardo nel fondo buio, dove il lampadino acceso dondolava sempre dinanzi alla Santa Casa di Loreto. Ma non pianse, non pregò; e invece, dopo un istante, parve rasserenarsi, quasi che si trasfondesse nel suo animo la fermezza ostinata e la sicura fiducia del suo amore.

Questi baciò la faccia, gli occhi, cercò la bocca che lo cercava, e impresse un bacio sulle labbra tumide, ardenti. Ma tosto le sentì diventar fredde ed esangui, mentre tutta la persona gli sfuggiva dalle braccia, e, prima che potesse trattenerla, scivolava a terra tramortita. Cammilla! Cammilla!... balbettò Giacomo fuori di .

E Maddalena mormorava sotto voce, premendosi il capo del figliuolo contro le gote calde e molli di pianto: Forse ti sarò sembrata ingiusta, cattiva certe volte; senza cuore. Ebbene, accontentami in questo; sposa la Cammilla, e vorrò più bene a te, molto più bene a te che a tutti gli altri. No, mamma; è impossibile rispose Giacomo arricciandosi i baffetti scomposti.

Sogghignava, invece di sorridere, e la bocca giovanile, coi denti bianchi sotto i baffi impeciati, puzzava di acquavite; nel parlare, mischiava un po' di piemontese a un po' di napoletano, e mentre Temistocle ammirava la sua daga e Gian Maria si provava l'elmetto, egli seguiva con l'occhio freddo e indifferente ogni passo della Cammilla per essere pronto a schivarla se gli fosse venuta appresso.

Vedendo che non riusciva con gli altri, si provò a far complimenti alla Cammilla: Adesso hai imparato: la minestra la sai far bene. Ma anche la Cammilla rimaneva impassibile, smetteva di tenerle il broncio. Allora essa cominciò ad aggrottar le ciglia, e a, far gli occhi torvi. Che la stupida ragazza avesse del tenero per quel bel mobile?

Ma no, partire piuttosto, per sempre, in mare, in capo al mondo, come voleva sua madre. Anche questa del partire però sarebbe stata una bella penitenza. E sospirò: era proprio disgraziato. Intanto bisognava tornare a casa; non c'era verso, bisognava tornare a casa e spiegarsi con Cammilla. L'aveva ingannata, doveva disingannarla. Che cosa le avrebbe detto?

Fissava sulla Cammilla certi sguardi rabbiosi; pieni d'ironia e di sarcasmo, come per dirle: Nemmeno tu sei stata capace di tenerlo a casa. Se tu avessi saputo fare, quello , invece di andare in Africa, avrebbe potuto sposarti e mettere giudizio. Stupida! Stupida la Cammilla! Stupida io!

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