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Aggiornato: 23 giugno 2025
7 Quel nomade pastor che vedut'abbia fuggir strisciando l'orrido serpente che il figliuol che giocava ne la sabbia, ucciso gli ha col venenoso dente, stringe il baston con colera e con rabbia; tal la spada d'ogni altra più tagliente stringe con ira il cavallier d'Anglante: il primo che trovò, fu 'l re Agramante;
Il dottore ch'era ancora nella stanza, accorse subito, e vedendo la faccia stravolta, gli occhi smarriti, il pallore cadaverico della giovane, capì subito di che cosa si trattava. Era di nuovo il colèra, un colèra de' più gravi, di quelli che lasciano meno tempo alle difese. Il male che aveva testè ucciso il marito ora investiva con raddoppiata violenza la moglie.
FORCA. A me non convien negarlo né affermarlo: ché negandolo farei voi bugiardo, e affermandolo direi bugia. Ma io nacqui al mondo sotto cattivo pianeta, assai disgraziato. Ma se voi deposta la còlera e l'ira, volete intendere il vero, il dico liberamente: e vo' che siate il mio giudice, poi ch'io purgherò le mie calunnie, e m'averete per un uomo da bene.
Non tanta còlera, vignarolo, piano piano! son solo e fo questione con me medesimo: consigliati meglio. Transformandomi in Guglielmo, avrò quanto desio in questo mondo; se passará questa occasione, non tornerá piú mai. Di vignarolo diventarò gentiluomo con moglie e danari, e dalla villa passarò alla cittá: cancaro alla zappa, alla vanga, all'aratro, a' buoi, anche a' porci e all'asino ancora!
Chi è lá giú? che dimandi? GUGLIELMO. Apri, Armellina mia. ARMELLINA. Se vieni da casa calda, hai bisogno di qualche rinfrescamento. GUGLIELMO. Ho bisogno del malanno che Dio ti dia! ARMELLINA. Buone parole in casa d'altri! GUGLIELMO. Mi avete mosso la còlera; e se non mi aprite, buttarò le porte per terra. ARMELLINA. Con un poco di acqua ti rinfrescaremo la còlera.
Visto che non ne cavava alcun frutto, chiamò da parte Gasparo e gli susurrò all'orecchio: Non c'è alcuna speranza.... Procuri di condur via sua sorella.... Mi par molto debole, e il colèra si attacca facilmente, soprattutto alle persone deboli.
Non mancano potrebbe rispondere il Pica ma sono malati di contagio, di suggestione nevrotica. Io faccio come quei dottori che, volendo studiare il colera, sono andati nell'India, per meglio osservarlo nel paese dove l'infezione è di prima mano. I nostri decadenti sono derivazioni, riflessi, nella lirica, nel romanzo, nel dramma dei decadenti stranieri; e, al pari di tutti gli imitatori, se hanno importato il morbo, ne hanno anche alterato il carattere, esagerandone le qualit
Ma hanno lasciata una lettera per lei. Povero Mario! gli parve di sentire in sè, più che la collera, i sintomi del colera fulminante. L'omnibus giunse all'hôtel e il conduttore gridò al segretario: C'è qua quel signore.... Quel signore!
Quella di fare di Roma, dell'Italia un paese vile, basso, senza ideali, senza fede nei beni morali; un paese che non ha forza di tollerare i rovesci, che si sgomenta della sventura; un paese che trema all'annunzio del colera, che non ha lagrime bastanti per piangere un soldato morto pugnando; un paese dove l'opera è nulla, dove la ricompensa è tutto; un paese dove l'onore, il dovere, il sacrifizio sono lettera morta, un paese che meriterebbe di esser coperto dal diluvio!
VIGNAROLO. Rispondi a me tu prima: chi sei che me ne dimandi? GUGLIELMO. Padron mio caro, non entrate in còlera: di grazia dite voi, chi sète? VIGNAROLO. Non ho da render conto ad un uomo vile come tu sei; ma tu che vuoi saper chi sia, tu chi sei? GUGLIELMO. Il padron di questa casa! VIGNAROLO. Tu menti che ne sii padrone, ché il padrone ne son io. Quanto è che ne sète padrone?
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