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Aggiornato: 4 giugno 2025


»Appena potè parlare, mi contò la sua triste storia, »Seppi allora che tutto il male veniva dal signor De Boni. »Questo poco di buono l'aveva incontrata a Zugliano, dove allora egli andava spesso a trovare suo padre. L'aveva inutilmente perseguitata in tutti i modi.

Quindi andato sulla piazza Scossa-Cavalli, lo seguirono i soldati ed il giovine Peppe, e per consegnò ad uno dei soldati scudi trenta in boni di Banca per dividerseli insieme!!... Lasciati sulla piazza anzidetta gl'indicati tre individui, senza sapere dove si recassero, si diresse egli verso Borgo Vecchio, e, come fu alla met

Povero ragazzo, mi faceva compassione. Era tanto avvilito che non poteva neppure nutrire rancore contro il proprio aguzzino. Egli continuò: Qualche giorno dopo, la zia cominciò a parlarmi di andare col signor De Boni. Aggiunse per ispiegazione che egli era parente del padre mio e che egli voleva così e ch'io dovevo obbedire.

La famiglia De Boni, il terribile Sindaco, l'abatino, il caffè di Zugliano, il signor Intendente, quel misterioso De Emma, passarono nel mio cervello come in una lanterna magica, a due, a tre, a quattro, isolati, tutti insieme. mischiandosi, urtandosi, fuggendosi, fondendosi, come un imbroglio degno delle più romantiche giornate uscite dalla fantasia di Calderon de La Barca o di Lopez de Vega.

Non che 'ntendessi allora la cagione ch'io fussi in quel fanciullo conquiso; ma, vinto da non so qual passione, piú tosto che ritrarmi dal bel viso lasciato avrei non pur le belle e bone cose del mondo, ma anco il paradiso. «Unguentum suave et optimum est amor summi boni, quo pestes mentis sanantur et cordis oculi illuminantur». BASIL.

Mi vennero a mente le strane immagini che avevano preconizzato alla mia fantasia il dramma terribile alla cui catastrofe in quel punto assistevo. L'agonia del signor De Boni fu più lunga e più travagliosa di quel che il dottore avesse previsto. La vitalit

Appena entrammo nella camera, prima ancora ch'egli avesse aperto bocca, il signor De Boni, a cui l'inserviente aveva fatto l'ambasciata, puntellandosi con uno sforzo supremo per alzarsi; volto ad Attilio, con voce soffocata ma abbastanza intelligibile ruggì: Fatemi giustizia: dicono che chi m'ha assassinato è il Beppe Rivella, ma, ricordatevi, che l'ha mandato il curato.

La portiera si riabbassò; la Teresa, sempre preceduta dal servo, percorse un andito breve, una delle cui pareti era fatta di cristalli appannati; un altro uscio si aperse ed ella si trovò al cospetto del dottor Boni in persona che la invitò cortesemente a sedere. Ella lo aveva creduto vecchio e non era; poteva avere tutt'al più cinquant'anni.

Si... non pozzu diri o' contrariu... Unu è d' 'i Bellè, sapiti... voli fari 'u gadduzzu... 'i picciuli l'avi... ma cu' avi tanticchia di munnu, vui mi capiti... cu unu di chissi divi stari cu l'occhi aperti.... L'autru si, mischinu.... pirsuna distinta, ma scarsu... va circannu d'arripizzarisi 'a caiella... Ah, ca boni, boni allura su'... mi piacinu... Pi cui, cucinu?

Contro il Boni venne esercitata da allora, movendo specialmente da salotti romani, covi di germanofilia, una pettegola guerricciola. Vedi il mio articolo Troppi fiori in «Cronache Letterarie», anno I, n. 9. General Filareti vi sa di pseudonimo? Anche a me: ma ne so quanto voi. Rivista delle nazioni latine, Anno I, N. 5, pag. 123 e sg.

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