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Aggiornato: 4 giugno 2025


Figuratevi il mio spavento; gridai, piansi, la zia cercò di tranquillarmi dicendo che il signor De Boni, se ero saggio, mi avrebbe trattato bene, che mi avrebbe portato amore... ma finiva sempre col piangere desolatamente; non credeva nemmanco lei a quelle sue parole. Un giorno fui condotto dal cavallante nel seminario di Novara.

La Teresa intanto, sempre in francese, cominciò a descrivere i disturbi di cui soffriva da alcuni giorni. Il dottor Boni l'ascoltava con attenzione benevola. Non lo imbarazzava la diagnosi del male di cui gli si esponevano i sintomi. Più difficile gli riusciva invece di farsi un'idea esatta della signora che ricorreva al suo consiglio.

Rimasti soli, Attilio, scusandosi con gli obblighi del proprio ufficio, gli avea rivolto questa domanda: Qualcuno pretende che sia corsa qualche relazione fra lei e una donna legata in qualche modo col defunto De Boni. È vero? Don Luigi s'era turbato forte, e impallidendo subitamente, a capo basso, aveva risposto: È vero. Esiste un figlio di questa donna! Legittimo? No.

Egli non sembrava malcontento della scenetta e mostrò un ingenuo rammarico che non avesse avuto altro seguito. Però si compiacque di avvertirmi con quel suo favorito fare misterioso di guardarmi dalla collera del signor De Boni.

Un bel giorno, a dirigere gli scavi del Foro fu mandato Giacomo Boni, il quale con molto garbo chiuse le porte in faccia agli ex padroni. «Ma noi rappresentiamo la scienza tedesca». «E io rappresento il buon senso italiano». Da quel giorno gli scavi cominciarono a dare i risultati che tutto il mondo conosce ed ammira . Ma anche da quel giorno cominciarono i malumori.

Questo è il caso nostro; eccoti la sorte serbata a noi, boni homines, uomini liberi, sotto la signoria dei nobili discendenti di Aleramo. Non entro in tutte le miserie, a gran pezza più gravi, dei servi della gleba a delle mani morte, taglieggiabili a misericordia, cioè, a dire, fin dove piace ai nostri magnifici signori di aggravare il summum jus del loro talento.

Il giovane al colmo della confusione voleva buttarsegli ai piedi. Egli lo trattenne, lo strinse fra le braccia. Ho fatto male, ripetè con maggior forza, molto male, ma, se Dio vuole, vi metterò riparo. Poi piegando la sua testa fino ad appoggiar la guancia sui capelli di Aminta, soggiunse intenerito: Tu non tornerai più dal De Boni.

»Il signor De Boni mi guardava in guisa che pareva volesse mettere in pezzi me e le earte che tenevo in mano. »Se non ci fosse stato presente Don Luigi credo non l'avrei passata troppo liscia. »Ma colui è uomo che pensa sempre troppo bene ai casi suoi e sa sempre frenare il suo furore quando questo può essergli dannoso.

Il dottore si dedicava quasi esclusivamente alle malattie di cervello. E, come vi dissi, l'Angelo De Boni si arrovellava allora per liberarsi del padre. Lo presentai al De Emma, il quale, per sottrarre il vecchio alle sevizie della famiglia, acconsentì, mediante una modica pensione a prenderlo nel suo nuovo stabilimento.

Seppi poco dopo ch'ella viveva quasi matrimonialmente col De Boni in una cascina poco lontana di qui e che non faceva mistero alcuno della sua sciagurata condizione.

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