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Bartolomeo Fiesco diè di sprone al cavallo; e Talavera, che non aspettava altro, spiccò un salto e prese subitamente il galoppo per la strada di San Salvatore e di Paggi, dove da un quarto d'ora lo avevano preceduto i compagni, sentendo anch'essi l'odore della mangiatoia, e non avendo in groppa nessun ammiratore di Dante.

Non è così, Talavera? E nitrisci, briccone! Nitrirei anch'io, se fossi nella tua pelle. Ma parlo, io, che quasi non posso star più nella mia; spando le mie parole al vento, per provare il gusto di sentirle, e sperando che un soffio ne arrivi laggiù, ripercuotendosi dietro la piega di quel monte, da San Pietro delle Canne a San Salvatore, da San Salvatore a Paggi, alla Gioiosa Guardia, al mio nido.

Lásciati amare; lasciami esser felice. Ah, ecco! diss'ella. Non è più Talavera, che fa il matto. No, cara, son io, io, proprio io, che ho voglia di saltare e di cantare, tanti sono i grilli che ho in corpo. Sorridente, amorosa, Fior d'oro lo accompagnò nelle sue stanze, dov'egli si tolse di dosso la polvere. Ed ora, ripigliò la contessa, ragioniamo un pochino, se è possibile. Vai?

Talavera, gran bestia, non vedete la padrona, che ha pronta una carezza per voi? Il cielo era puro, e tutto scintillante di stelle. La brezza primaverile gi

Si facevano pazzìe per riceverlo; ma ne fece egli più assai alla vista della contessa Juana, che era discesa ad incontrarlo nel cortile. Allegro? diss'ella, avvicinandosi alla staffa per istendergli la mano, che il cavaliere baciava, piegandosi tutto sull'arcione. Non vedi? rispose egli, com'ebbe potuto compiere il rito. È Talavera che fa il matto, sentendosi a casa.

O Talavera! o gran bestia! gridava il cavaliere, più allegro che mai. Tu sei maraviglioso d'intelligenza, quantunque ignorante di cosmografia quanto il personaggio di cui porti il nome. Ma che importa a te la cosmografia? Una cosa sai tu, e la sai bene; che a Gioiosa Guardia t'aspetta una bella scuderia, una buona strigliata, non senza la fortuna di una morbida mano che ti palpi il gran collo.

In più ristretti colloqui il grand’uomo raccontò partitamente ai reali di Castiglia la fatte scoperte. E allora gli toccò di ricevere le congratulazioni, le lodi, le strette di mano di tutti i più eminenti personaggi. Molto egli gradì l’abbraccio di don Pedro di Mendoza, cardinale e primate di Spagna, che era stato il più autorevole dei suoi difensori al tempo del consiglio di Salamanca. Ma egli non potè reprimere un atto di stupore, vedendosi prendere tanto amorevolmente per tutt’e due le mani da don Fernando Talavera, vescovo di Granata, confessore della regina, e gi