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Dal Re ancor non conosciuta, Con le vergini men vo. Quanto fei per te, Castiglia, Tradimento non ci entrò. Le corone, che mi hai dato, Son di sangue e di dolor; Ma ne avrò su in cielo un'altra, Che ben fia di più valor. La processione che conduce al patibolo i fratelli Cènci, dopo avere percorso diverse strade, giunse alla fine in via Giulia, dove sostò davanti la carcere di Corte Savella.

Beatrice stette a considerare cotesto lugubre edifizio; e saputo essere quello la prigione della Corte Savella, lieve percosse sul braccio alla cognata, e favellò: Non ti pare, che pianga? Chi? Cotesta carcere. Certo molte hanno da essere le lacrime che si piangono l

A quelle di Corte Savella andarono Anton Maria Corazza, Horatio Ansaldi, Anton Coppoli, Ruggiero Ruggieri confortatore, Giovambattista Nannoni sagrestano, Pierino fattore et il nostro Cappellano, et io Santi Vannini, che scrissi». Intanto che questa mano di pietosi toscani si affatica a renderle meno amara la morte, Beatrice che fa?

Volgendo però la faccia alla stanza dove lasciava la figlia, anzi l'anima sua, senza poterla aiutare vedere fino a sera, dacchè tutti andavano seco lui, scoppiò in un gemito, e forse scoppiava anche in pianto; ma lo trattenne, udendo moltiplicare le scede degli sbirri non solo, ma di quanti altri ancora l'accompagnavano. Certo i suoi labbri non proffersero il voto di Caligola, ma il suo cuore desiderò che il popolo romano avesse un capo solo per troncarglielo di un colpo. Mentre così da Corte Savella lo traevano a Tordinona, fortuna volle che s'imbattesse in un fratello della Misericordia fuori di servizio, il quale sovente aveva veduto ed udito esercitare con carit

E mentre il dabbene Luciani stava in aspettazione degli aiuti divini, non tenne le mani alla cintura per mettere in opera i terreni; dacchè appuntatosi con gli altri giudici di trovarsi la mattina di poi per tempissimo alla carcere di Corte Savella, vi si recarono di fatto; e quivi, senza porre tempo fra mezzo, egli ordinò si conducesse loro davanti la fanciulla.

Mastro Alessandro, circondato da gente a cavallo e dai birri per salvarsi dalla furia del popolo, il quale, giusta il suo costume di prendersela col sasso, e non con la mano che lo scaglia, lo avrebbe in quel momento sbranato, s'incamminò alla sua stanza di Corte Savella. Mentr'egli stava per farsi aprire la porta bassa donde entrava a mo' di lupo nella tana, la imposta si spalanca improvvisa, e ne viene sospinta una bara da mani invisibili. E' bisognò a mastro Alessandro spiccare un salto per non rimanerne offeso nelle gambe. Non era cosa fuori del consueto, all'opposto ordinarissima, che quinci fossero tratti in quella guisa i miseri consunti dal duolo, o laceri dai tormenti; e non pertanto gli sguardi del boia rimasero per uno istante abbarbagliati da un turbine di fuoco. Dopo la bara, curvi sul dorso sbucarono fuori quelli che l'avevano sospinta, e fra questi uno, il quale, come se non pregiasse, o avesse in uggia la facolt

Beatrice amava il sole di autunno, i raggi del crepuscolo, e le ombre lunghe dalla parte di occidente. Spesso, in compagnia della cognata donna Luisa, che aveva appreso ad amare come sorella, e reverire qual madre, si piaceva aggirarsi per le strade di Roma seguita dall'uomo nero e da due o più staffieri, giusta il costume delle patrizie romane. Certo giorno, andando esse, secondo il consueto, a diporto, riuscirono alla piazza Farnese: quinci proseguendo per la strada della Corte Savella giunsero nella via Giulia: a met

La mattina veniente, appena fatto giorno, fu visto il Luciani nella carcere di Corte Savella accompagnato da due vecchie femmine, o piuttosto furie, incamminarsi alla prigione di Beatrice.

Aperta quella nella quale stava chiusa Beatrice, le venne ordinato di uscire; e mentr'ella, obbedendo al comando, poneva il piede sopra del montatoio, al chiarore vermiglio dei lampioni che il carceriere ed i serventi portavano, s'incontrò di faccia a faccia col Cristo di marmo, da lei poche ore innanzi avvertito sopra le porte del carcere della Corte Savella.

In Corte Savella alla medesima hora andata una parte dei confratelli, et entrati nella nostra cappella, et fatte le solite horationi ci furono consegnate le infrascritte a morte condannate, la signora Beatrice Cènci figlia del quondam signore Francesco Cènci, e la signora Lucrezia Petroni moglie del quondam Francesco Cènci gentildonne romane».