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Quando in Bologna un Fabbro si ralligna? quando in Faenza un Bernardin di Fosco, verga gentil di picciola gramigna? Non ti maravigliar s'io piango, Tosco, quando rimembro con Guido da Prata, Ugolin d'Azzo che vivette nosco, le donne e cavalier, li affanni e li agi che ne 'nvogliava amore e cortesia la` dove i cuor son fatti si` malvagi.

E Nicla seguitò: Ti ridiranno il gemer de la rosa Che di desìo su 'l tuo bel petto manca, E gl'inni, nel tuo crin, de la fastosa Sorella bianca. Poi nosco ti addurrem ne le fulgenti De l'ametista grotte e del cristallo, Ove eterno le forme e gli elementi Temprano un ballo. Bruno ascoltava senza più respiro.

«Sed fugit interea, fugit irreparabile tempus». VIRG. L'aureo, gioioso e mansueto aprile, ch'or sparger d'ombre i verdi campi veggio, piacciali eterno seggio qui prender nosco, ch'altri non succeda.

<<Costoro e Persio e io e altri assai>>, rispuose il duca mio, <<siam con quel Greco che le Muse lattar piu` ch'altri mai, nel primo cinghio del carcere cieco: spesse fiate ragioniam del monte che sempre ha le nutrice nostre seco. Euripide v'e` nosco e Antifonte, Simonide, Agatone e altri piue Greci che gia` di lauro ornar la fronte.

Quando in Bologna un Fabbro si ralligna? quando in Faenza un Bernardin di Fosco, verga gentil di picciola gramigna? Non ti maravigliar s’io piango, Tosco, quando rimembro, con Guido da Prata, Ugolin d’Azzo che vivette nosco, le donne e ’ cavalier, li affanni e li agi che ne ’nvogliava amore e cortesia l

MALFATTO. Uhu! uhu! uhu! PRUDENZIO. Che ch'io ti farò parlare! MALFATTO. Perché volete che parli, se prima me dite ch'io stia cheto? PRUDENZIO. Io te ho detto che tu lassi parlare prima al mastro e che poi respondi. Dove sei andato, Malfatto? non odi? MALFATTO. Missere! missere! PRUDENZIO. Malanno che Dio te dia! Dico che venghi nosco. MALFATTO. E quando?

Quando in Bologna un Fabbro si ralligna? quando in Faenza un Bernardin di Fosco, verga gentil di picciola gramigna? Non ti maravigliar s’io piango, Tosco, quando rimembro, con Guido da Prata, Ugolin d’Azzo che vivette nosco, le donne e ’ cavalier, li affanni e li agi che ne ’nvogliava amore e cortesia l

«Costoro e Persio e io e altri assai», rispuose il duca mio, «siam con quel Greco che le Muse lattar più ch’altri mai, nel primo cinghio del carcere cieco; spesse fïate ragioniam del monte che sempre ha le nutrice nostre seco. Euripide v’è nosco e Antifonte, Simonide, Agatone e altri piùe Greci che gi

«Costoro e Persio e io e altri assai», rispuose il duca mio, «siam con quel Greco che le Muse lattar più ch’altri mai, nel primo cinghio del carcere cieco; spesse fïate ragioniam del monte che sempre ha le nutrice nostre seco. Euripide v’è nosco e Antifonte, Simonide, Agatone e altri piùe Greci che gi

<<Costoro e Persio e io e altri assai>>, rispuose il duca mio, <<siam con quel Greco che le Muse lattar piu` ch'altri mai, nel primo cinghio del carcere cieco: spesse fiate ragioniam del monte che sempre ha le nutrice nostre seco. Euripide v'e` nosco e Antifonte, Simonide, Agatone e altri piue Greci che gia` di lauro ornar la fronte.