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E pur, vedi, ti scaccio e m’allontano, Rigida e casta, ne la notte fonda; Non mi chieder perchè di questo strano Tirannico mister che mi circonda; Non richiamarmi ai morti sogni e ai baci.... Non posso, taci!... Io mirai l’onda che rompeasi al lido; E di veder mi parve Rasentar leggermente il flutto infido Una schiera di larve.

Un d'angeliche voci eletto coro entrato esser mi parve, e poi mirai cangiarsi e' bianchi volti in sozze larve, e il lor concento in stridi ed urli sparve. Ignorantia inter delitias.

Così 'l fanciullo avvalorar procura; Poi verso Trasideo prende sua via: Ma quale avesse il grande Orsin ventura Da' cavalier, che lo seguiano ei spia; E risponde il Baglion: sovra le mura Io lo mirai ne la battaglia ria Col ferro in man fra le nemiche schiere Da prima fulminar, poscia cadere.

Ieri, verso sera, ho veduto una bambina coi capelli biondi, colle pupille azzurre, una poverina che sedeva sui ciottoli, senza pensiero, col sorriso dei suoi otto anni. La mirai a lungo.

Ah qual rimbomba Per le sconvolte sfere Terribile fragor! Cento saette Mi striscian fra le chiome, e par che tutto Vada sossopra il ciel. No, non pavento, Empia Fortuna: invan minacci; in vano, Perfida, ingiusta Dea... Ma chi mi scuote? Con chi parlo? Ove son? Di Massinissa Questo è pur il soggiorno. E Publio? e il padre? E gli astri? e 'l cielo? Tutto sparì. Fu sogno Tutto ciò ch'io mirai?

Non io, che la superba alma fiaccai Ne le mobili Dune al fermo Ibero, Non io, quel che il mio destin mirai Di Marind

Io mi accasciai sotto la prua con minore coscienza di me medesimo che se fossi stato una pietra. I remiganti batterono le onde. Il sonno pesante dell'angoscia piombò sulle mie palpebre. Quando mi destai ero a bordo d'un immenso vascello galleggiante su d'una immensa pianura immensurabile che mi pareva un universo d'acque, e mirai per la prima volta, esterrefatto, il mare.