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Superbia per superbia, teniamoci quella del sapere qualche volta la lingua degli altri, del potere dare, col Mazzini e col Ruffini, degli scrittori all'Inghilterra, col Fiorentino e con altri parecchi, alla Francia. Qualche volta abbiam fatto di più, dando ai nostri vicini degli uomini di Stato, come il Mazzarino, degli imperatori, come il Buonaparte, dei dittatori, come il Gambetta.

Eppure, no, non può essere che sia lei. Anna d'Austria, abbastanza disgraziata in quella sua vita, che ha da un capo Luigi XIII, il cardinal Mazzarino dall'altro, e l'ombra del cardinale di Richelieu nel mezzo, doveva aver poca fortuna anche col pittore, destinato a tramandarne le sembianze ai posteri. Dev'essere così; è certamente così.

Quest'opera civile poteva rimanere incompleta se non si pensava alla base: alla coltura cioè, e alla educazione. In Sicilia il numero degli analfabeti era ed è grandissimo, quale in nessun'altra nazione civile di Europa; ebbene, si rimedia assecondando le aspirazioni dei grandi proprietarî della sala Ragona, che acclamarono alla proposta di sopprimere la istruzione obbligatoria; incoraggiando quel bravo consigliere di Prefettura, che in Mazzarino proclamò che il dogma della nuova Italia da ora in poi dovrebbe essere quello della ignoranza obbligatoria ed in conformit

Ingannato, dopo tutto, guastato dalle lodi d'un secolo cortigiano, come dalla fortuna che un italiano, il Mazzarino, aveva preparata al suo regno! Non era forse per lui che un uomo come il Boileau scriveva il verso curioso: Grand roi, cesse de vaincre, ou je cesse d'écrire? Scorribanda capricciosa. La chiesetta. Una celia di soldato. Les dames de beauté. Dinastie a olio. Marescialli di Francia.

Io li ho veduti anche al Louvre, e li ho salutati con tutta l'effusione dell'anima, i miei Greci e i miei Romani. Parigi, anzichè liberarsene, aveva tentato di accrescerne il numero; tanto che, dopo le vittorie napoleoniche in Italia, la lista delle statue e dei bassorilievi segnava cento e diciassette capi di più. Nel 1815 tutta questa roba fu restituita ai legittimi proprietarii. Ma guardate quel che rimane; sono ancora migliaia di statue, centinaia di capolavori, quasi tutti levati da Roma, in trecent'anni di scorrerie, di tributi e d'acquisti. Curioso a vedere come il Mazzarino e il suo re si contentassero di rottami, scavati in Roma e offerti ai loro incaricati laggiù; ma più curioso e veramente lodevole il modo in cui furono restaurati quegli avanzi, spesso informi come l'Ajace, che si fa chiamare Pasquino su d'una piazza dell'eterna citt

Macalda intanto, sol essa non isbigottita tra tanti suoi partigiani, sperando tuttavia volger sossopra ogni cosa, andata era in Messina: ma con tal audacia fe' rincrudire i governanti, i quali incontanente promulgan reo d'alto tradimento Alaimo; spoglianlo dei beni, e dispensanli a lor favoriti o partigiani; fan perir di mannaia a Girgenti il tredici gennaio Matteo Scaletta, fratel di Macalda, confessante, diceasi, congiura col cognato. Indi a diciannove febbraio incarcerarono nel castel di Messina la stessa Macalda co' figli; alla quale era nulla tal rea fortuna, che ilare e contegnosa passava il tempo a giocare col principe arabo e co' famigliari; e una volta, quando portossi l'ammiraglio a strapparle i titoli del feudo di Ficarra, essa, come nell'alto della possanza, il garrì: «Bel merto ne rende il padron tuo! Compagno, non re, il chiamammo; ed egli usurpa lo stato, e di soci fatti n'ha servi . Bene a noi sta; ma digli che non muterei questi miei ceppi il palco, col suo trono pien di misfattiSembra tuttavia che la sventura consumasse quest'animo che non potea domare; e che Macalda tosto morisse in prigione, perchè la storia null'altro ne dice di lei. Non andò guari che Alaimo co' nipoti Adenolfo di Mineo e Giovanni di Mazzarino, nel campo di Pietro in Catalogna fur sostenuti. Un corriero diceasi preso con lettere di Alaimo al re di Francia, piene di tradimenti: ch'ei domandava sicurt