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Ah! mangiate la foglia, birbe matricolate? Orbene, , stavo a berne un nitro in cantina, e mi avete fatto perdere il filo del salmo. E Pippía? domandò un altro.

"Entrate, qui nulla manca. Eccovi prosciutto, ricotta, pane ed una foglietta proprio d'Orvieto". Specie di misura romana. "Mangiate, bevete ch'io vi guarderò le spalle da quei malandrini di Roma. Accidenti a quanti sono!". Accidenti, come gi

Il 2555 lo pregò di leggere il «manuale del buon sacerdote». È doloroso che un secolare vi debba richiamare ai doveri che vi impone la vostra veste. Mangiate quello che vi portano; siate umile, siate modesto, siate paziente e perdonate a tutti coloro che vi fanno del male. Andare sulle furie per un po' di carne «passata», è da uomo volgare. Avevo fame! capite che avevo fame!

PEDOLITRO. Me l'ho mangiate in Turchia. PARDO. In Turchia se mangiano vesti? PEDOLITRO. L'ho vendute e impegnate all'osterie per mangiare. Ma io mi rallegro che vi vedo piú allegro e giovane che non vi lasciai. PARDO. Donde si viene? PEDOLITRO. Da Costantinopoli, per riscattar questo mio figlio che da bambino mi fu rapito da' turchi. PARDO. E voi ancor ben venuto, caro figlio.

Signori disse il dottorone appendendosi il tovagliolo sotto il mento vi invito al maggiore raccoglimento, ad una concentrazione religiosa davanti a questa tavola imbandita con ogni ben di Dio. Mangiate, o signori; la mensa è l'unico vero. Toniolo, a capo tavola, sorrise, volgendo i begli occhi di velluto alla timida sposina che non osava contraccambiargli l'occhiata.

Qualche volta l'uditorio strepitava; la ragazzaglia scontenta scagliava sul palcoscenico i turaccioli delle bottiglie stappate e le bucce delle melarance mangiate. Ma allora, bisognava vedere!

GIACOMINO. Cappio, accendi quella profumiera, ché spiri odore. ALTILIA. Io non voglio altro odore che quello che spira dai vostri onorati costumi e gentilissime maniere. GIACOMINO. Mangiate di questa vivanda, se vi piace. ALTILIA. A me sol piace quello ch'a voi piace. Ma voi perché non mangiate, anima mia?

Il peggio fu quando, voltosi a caso, trovossi a fianco quell'importuno che quasi sempre aveva tenuto gli occhi sopra di lui, il signor Omobono. Costui, spolpando beatamente un'anca di pollo, gli venne a brontolare all'orecchio: E voi, caro giovinotto, non ballate? non mangiate? No, rispose Damiano. Eh, non fate l'imbecille, o dirò a tutti che siete innamorato... Damiano tacque.

Rimasero tutti per qualche momento silenziosi, guardando il fuoco malinconicamente. Intanto entrò la serva, tutta animata e sorridente, e, nell'accendere i lumi per i padroni, disse: Scendo ora dal quarto piano. Si è fatto un gran ridere; si sono mangiate le castagne; una vera festa per quegli alari che hanno comperato. Ne sono contenti? domandò il dottor Valeri. Altro che contenti!

«Mangiate anche la decima, e vi rimarr