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Mezz'ora dopo, andando a spron battuto per la via del bosco, Gino ed Aminta giungevano a Querciola. Il Mandelli fu maravigliato di quella partenza improvvisa del suo inquilino; ma lo aveva sempre veduto così poco, che non ebbe ragione di piangere.

La sua camera, in casa Mandelli, era completamente trasformata. Gino incominciò a vedere un letto nuovo, di ferro, col suo tappeto da piedi, il suo comodino accanto, il suo candeliere e perfino il grazioso arnese di velluto su cui posar l'orologio. Più in l

Tutta quella roba era stata caricata, portata e messa a posto nella giornata. Parecchie persone, di certo, avevano lavorato all'impresa, sotto la scorta di Aminta, che infatti, appena finito il pranzo, era sparito da casa, non ritornando che verso sera, quando per il conte Gino era venuta l'ora di ritornare a Querciola. Ottimo fratello Aminta! Ma se egli aveva lavorato con tanta sollecitudine lassù, non mancavano traccie del pensiero di Fiordispina. I libri, sicuramente, li aveva scelti lei. Quel copertoio trapunto, che si vedeva disteso sul letto, quel grazioso arnese per deporvi l'orologio, quel piè di lampada ricamato che stava sulla scrivania, non erano forse opere sue? Aggiungete che a pian terreno, nella stalla del Mandelli, dov'era stata rinnovata la paglia, riposava il cavallo su cui Gino Malatesti aveva gi

Le valigie erano fatte, ed Aminta le consegnò a Pellegrino, che doveva portarle alle Vaie. Il Mandelli era sull'uscio, e Gino gli strinse la mano, ringraziandolo della sua ospitalit

Il vecchio Mandelli si ritirò, e in sua vece si presentarono le due facce proibite che avevano guastata la digestione del conte Gino, facendolo correre con tanta fretta dalle Vaie a Querciola. Dico facce proibite per far piacere al nostro eroe; ma nel fatto erano due facce insignificanti; completamente rase, perchè a que' tempi non si amavano le barbe, e i pizzi e i mustacchi erano proibiti come le pistole corte, anzi come le pistole d'ogni misura e le armi d'ogni genere. I due possessori di quelle facce erano vestiti di nero, e i loro atti apparivano molto cerimoniosi, ma non senza quel po' di sussiego che ha sempre indicata la dignit

Capitolo V. Il commissario e l'applicato. Ritornato quella sera a Querciola, il conte Gino Malatesti indovinò la ragione dei discorsi che il signor Aminta aveva fatti sottovoce al Mandelli. E ancora indovinò perchè il signor Francesco Guerri e suo figlio, ritiratisi a colloquio d'affari, lo avessero lasciato solo, fino all'ora del pranzo, in quella dolce libert

E non doveva trattare Aminta come un fratello? Vi ho detto dianzi, quando eravamo nella casa Mandelli, che la veduta era molto ristretta. Ma la prospettiva oramai si allargava, per il conte Gino Malatesti. Di lassù, anche tra i cerri e gli abeti, vedeva gi

Ed hanno anche trovate le cavalcature, quei manigoldi! Lo scalpitìo, frattanto era cessato, perchè i cavalli, o muli che fossero, avevano raggiunto il colmo della salita, davanti alle prime case di Querciola. Non andò molto che Gino sentì un rumore di passi su per le scale. Il vecchio Mandelli precedeva i forastieri.

Si fermò pertanto alla prima del villaggio, con grande soddisfazione del suo compagno, il quale promise a se stesso che per sua propria elezione non avrebbe mai fatta la traversata del paese. E questo si capisce benissimo, non essendo bisogno di traversare Querciola, per uno che volesse andare alle Vaie. La casa Mandelli, poichè questo era il suo nome, poteva chiamarsi egualmente una catapecchia.

Casa Mandelli poteva appigionare una camera. C'era un letto, in quella camera, e largo abbastanza; ma Gino Malatesti fremette involontariamente, guardandolo. Ci sono dei letti terribili, anche senza pensare al romanzo inglese che da uno di questi s'intitola; letti assassini, dove si appiatta una banda sitibonda e famelica, banda invisibile nel giorno, ma operante, e come! nel cuor della notte. Son l