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Vado a cena e torno da lei. All'osteria Matteo Vento mangiò di buon appetito. Si era fatta la minestra di riso con fagioli secchi e, dopo di essa, gli portarono un bel piatto di formaggio. Mentre il segretario comunale col medico, l'oste ed un signore bergamasco venuto in villeggiatura giocavano a briscola, egli cercò di scovar qualche cosa dall'ostessa che sedeva al banco facendo le calze.

Don Alessio fece accendere i lumi, fece preparare il tavolino, e la partita cominciò. Danaro. Prendo con una donna. Bastoni. Spade.... Ma il reverendo giocava molto distratto. Egli non solo perdette quella partita ma cinque o sei altre in fila: sicchè don Alessio non ci capiva proprio nella pelle a cagione di quel fortunato accidente non mai successo dacchè giocavano; e si rifaceva motteggiandolo.

Anche fra i ragazzi era un continuo bisticciarsi; andavano a scuola e giocavano assieme, parevano buoni amici, ma poi per una cosa da nulla attaccavano lite, ed erano busse d'inferno che fioccavano, tanto che spesso Pinella andava a casa o col naso rotto o con delle contusioni sulla faccia, e la Rosa si metteva a sbraitare che le ammazzavano il figliuolo, e che non era contenta se una volta o l'altra non faceva metter Gigi in prigione.

Il lago pareva diventato più azzurro, più d'accordo con lei, le montagne più trasparenti: le campane dicevano cose nuove e commoventi: i gridi dei bambini sulla piazzuola, così noiosi prima, facevano eco adesso ai cento fanciulli allegri che giocavano in lei.

Un bovaro, di pelo rosso, sonnecchiava in un angolo, tenendo ancora fra i denti la pipa spenta. Due giovinastri, scarni e biechi, giocavano a carte, fissandosi nelli intervalli con uno sguardo pieno d’ardore bestiale. E l’ostessa, una femmina pingue, teneva fra le braccia un bambino, cullandolo pesantemente.

Nel mezzo, tre o quattro cuccioli giocavano abbaiando verso le vacche o inseguendo le galline.

E intanto egli continuava a discorrere, in piedi, vicino alla porta, colla sua amabile e virile franchezza, coi suoi gesti risoluti, col suo bel viso pallido e fiero, e veduto così sul fondo del suo studio elegante, pieno di libri e di carte, e dorato da un raggio di sole, dava l'immagine d'un bellissimo quadro, che rappresentasse l'ingegno, la fortuna e la forza; e il gridio dei due piccoli Zola che giocavano nella stanza accanto, vi aggiungeva una nota di gentilezza, che lo rendeva più nobile e più caro.

Due, che giocavano in un salotto attiguo, assorti nella loro partita non intesero e non videro nulla: nel silenzioso stupore di quel momento si sentivano distintamente le loro irose osservazioni. Un reporter di un giornale del mattino scarabocchiava in un boudoir il suo cenno descrittivo.

E nelle lunghe sere sotto il chiarore della lampada famigliare, mentre la zia Carlotta e lo zio Giacomo giocavano a briscola, Nino, appoggiati i gomiti alla tavola, leggeva le «Rime Nuove» di Carducci alle tre donne ascoltanti Valeria, Adele e Nancy che sedute nelle grandi poltrone, con le palpebre abbassate e le mani in grembo, parevano un trittico delle Stagioni d'Amore.

Quei tre baci avevano rivelato un Ezio buono, un Ezio tenero, un Ezio rispettoso, come non era mai stato, nemmeno quando giocavano insieme nelle ombre del giardino o guardavano insieme i torrenti della montagna o vogavano insieme nella stessa barchetta.