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Ma come in uno strato inferiore A fiocco a fiocco sempre l'adustivo Fecciume scende, e il torbido liquore Riede col tempo al suo nitor nativo, Così del cuore il fiel pesantemente Si raccolse nel fondo inesplorato E ristagnò la calma vitrescente. Or d'uno sguardo la potenza sola I recessi del cuore ha penetrato E il gusto amaro mi ritorna in gola...

Bruno crollò al suolo pesantemente, e vi rimase, non seppe mai quanto tempo; poi udendo una voce nota che lo confortava, cercò intorno smarrito, sollevò lo sguardo, lo fissò freddo e nemico sui capelli di sua madre: fatto più pallido, pareva che il volto gli si fosse rimpicciolito nello spasimo. Ah! disse con voce rauca. Sei diventata bionda?...

Un bovaro, di pelo rosso, sonnecchiava in un angolo, tenendo ancora fra i denti la pipa spenta. Due giovinastri, scarni e biechi, giocavano a carte, fissandosi nelli intervalli con uno sguardo pieno d’ardore bestiale. E l’ostessa, una femmina pingue, teneva fra le braccia un bambino, cullandolo pesantemente.

La popolana si interruppe. Un grido improvviso echeggiò nell'ampia sala, seguito dal rumore di un corpo che cadeva pesantemente e da più voci, che dicevano: Presto... un medico... Vi fu un momento di tumulto indescrivibile... Che cosa succede? È il conte Patta, che è svenuto... Forse l'emozione, il caldo, è stato un'imprudenza la sua recarsi qui... Lo trasportano fuori. Non sar

La faccia di Tina era scomposta: un pallore cadaverico le si era diffuso per tutto il volto, aveva i capelli bagnati, le labbra scure, gli occhi vitrei, che pareva non dovessero chiudersi più. Che cosa hai? dimmelo: vuoi bere? Ma la testa febbrile si riabbassò pesantemente sul cuscino. Betta era corsa piangendo nella camera di Tina. La mamma non mi fa più il vestito.

Quattro colpi di pistola tennero dietro al comando; due degli imboscati batterono l'aria colle mani e caddero pesantemente a terra. I beduini, fuggirono a rompicollo verso l'abitazione e vi entrarono nel momento istesso che i canotti approdavano. Avanti, Daùd, avanti! urlò Omar.

A mano a mano era tutto un turbinìo confuso, violento, di falde di neve sotto il cielo bigio.... A mano a mano sparivano l'orto, il "Gigantesso" le montagne sotto quella neve, dietro tutta quella neve, quella bufera di neve. Una fila di corvi attraversò pesantemente la caligine bianca, incalzante, rammulinante, muta.... fu l'ultimo segno di vita.

Don Placido moderò la fiamma del lume, si levò, fece pesantemente due o tre passi nella stanzuccia e Letizia lo udì borbottare: Evviva il furiere!... E bravo!... Evviva!... All'improvviso le si piantò di faccia, presso alla tavola. Le chiese bruscamente, brutalmente: Be'?... E ora che vuoi fare?... La vita? Ella aperse le braccia e chinò la testa.

Allora la donna si mise a gridare andando verso la casa. Ma i calafati, sopraggiunti, in conspetto dell’asino giacente ridevano e motteggiavano. Uno di loro percosse co ’l piede il ventre del moribondo. Un altro gli afferrò le orecchie e gli sollevò il capo che ricadde pesantemente a terra.

Sta l’aura D’atomi d’ôr cosparsa. L’erma pianura immobile, Tutta di foco e polve, Nella luce si avvolve Arsa. L’afa morta, implacabile, Pesantemente piomba. Ne la tristezza fiammea Posa la terra stanca, Come un’immane e bianca Tomba. .... Pace