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Era l'unico ricordo che mi restasse di quel pover'uomo. Intanto il vento seguitava a mugliare. Allungai una mano per tastar Gigino, e lo sentii ghiaccio marmato. Di certo il bambino aveva preso del fresco. Non potevo più dubitarne. Verso le otto mi levai adagio adagio, mi buttai lo sciallino sulle spalle e in un attimo fui fuori. Da casa mia al Ponte Vecchio c'era un passo.

Udivo il tramontano che sbatacchiava le persiane delle case accanto e mi veniva subito in mente Gigino, che il giorno dopo sarebbe andato a scuola in bella vita. Ottobre o non ottobre, il freddo era venuto. Avrei potuto tenerlo in casa: ma se il bambino mi disimparava le cose studiate? Io non ero in grado di fargli neanche la ripetizione, io, povera ignorante.

Mangiare senza prima aver lavorato? Oggi voi siete degli uomini, e gli uomini prima di mangiare, lavorano. Dopo tre ore, i panieri che avevano contenuto la refezione dei nostri amici, erano pieni di pesce. Io vorrei sapere, disse Gigino, perchè tra tutte queste anguilline e pesciolini d'argento, non c'è neanche una sogliola, una triglia, un gambero o un'acciuga. A Livorno se ne pescavano sempre!

Andiamo al Politeama, disse Gigino, c'è la Compagnia equestre e ci divertiremo. Miss Aissa fa la ginnastica sul dorso del cavallo e sfonda venticinque cerchi ricoperti di carte! Andiamo al Politeama, mamma! Un biglietto al Politeama costa caruccio, disse la mamma, e quando pensiamo che siamo in cinque, bisogna rinunciare a un divertimento poco adatto alla nostra condizione.

Gigino non rispose. Sentiva che la mamma aveva ragioni da vendere. Andiamo, figliuolo, fai oggi quel che dovrai fare spesso, quando sarai diventato un uomo: sacrifica i tuoi gusti particolari a quelli della maggioranza e godi del piacere che con la tua condiscendenza puoi procurare agli altri. Gigino non ebbe bisogno d'altre esortazioni per esser persuaso dei suoi torti.

Santo Dio! come si fa!... Prima, il padrone non mi ha dato mai il permesso: poi s'è malato il bambino della mia vicina, il povero Gigino, e mi voleva sempre alla culla, povero angelo!... Volevo appunto mandarle a dire alla Cristina, che oramai andrò per le feste... Sar

La mamma veniva ultima con Gigino, sempre un po' musone. Infatti per lui che era stato più di un anno a Livorno, dove ci son tanti pescatori, quel passatempo non doveva riuscire molto attraente. Che hai, Gigino? disse la mamma. Perchè codesta cera da mortorio? Perchè io non mi diverto punto, rispose Gigino. Non potevano scegliere un'altra cosa? I burattini, per esempio?

Erano giunti sulla riva, dove molti salici fronzuti formavano come una gran cupola verdeggiante che avrebbe riparato i nostri amici dalle carezze troppo ardenti del sole di luglio. Qui staremo benone, disse il babbo. Alla svelta! Ognuno deponga gl'impicci e posi le sue provviste a' piè di quell'alberone. Si deve mangiar subito? chiese Gigino. Come subito? ribattè il babbo.

Sta bene, risposero gli altri, stasera a letto alle ventiquattro e domattina in piedi al levar del sole. Ma se il babbo non fosse contento? obiettò Gigino, che pur di mandare a monte la partita, si sarebbe attaccato ai veli di cipolla. Il babbo sar

Benone! dissero tutti in coro, eccettuato Gigino, alla pesca! alla pesca! ! ! riprese l'Ernestina tutta contenta di vedere adottata la sua proposta. Il babbo pesca sempre, e noi, mai. Anch'io voglio pescare. Anch'io! Anch'io! disse Giorgio saltando. È un divertimento che non costa nulla, disse l'Ernestina.