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Una volta stavo a Fenis in Val d’Aosta per cercare e copiare le scritture murali del castello. L’oste del paese discorreva volentieri e mostrava di saperla lunga. Lo domandai degli antichi signori. Mi rispose con molta sicurezza che il Castello era appartenuto al duca di Borgogna. Rimasi. La Valle d’Aosta appartenne realmente al primo ed al secondo reame di Borgogna, ma fino dal secolo XI passò ai Conti di Savoja più mutò padrone. Fenis poi, era feudo dei signori di Challant; il castello fu edificato da un Aimone di Challant verso il 1350, più uscì della famiglia finchè questa non andò estinta sul principio del secolo corrente. Tutta la vita castellana del castello di Fenis appartenne dunque alla Casa di Challant, spenta la quale, il castello decadde in cascinale ed il padrone, di signore in semplice proprietario. Come mai la remota dominazione borgognona aveva potuto far scordare la recente signoria dei Challant, e la perdurante sovranit

Era spiovuto; una casa gialla dirimpetto luccicava al sole fino allo zoccolo; i cavalli tranquillati scodinzolavano. Era passata una compagnia di soldati colla musica; la marcia risonata un pezzo affievolendosi laggiù lontano s’era taciuta da un pezzo, e via carrozze e portantine quante non ne apparivano in un anno in valle d’Aosta, e gente affaccendata, e signori a diporto. La casa gialla era gi

Colla primavera mi tornò l’uso della mente e la voglia di vivere, ma i miei paesi mi serravano il cuore; provavo la nostalgia delle terre luminose e calde dove era nato mio padre e che io non avevo visto mai. D’altronde avevo aperta una sola via di guadagno, la musica, e per questa bisognava uscire dalla valle d’Aosta.

Si crede generalmente che le valli alpine, e più quella d’Aosta, siano un semenzaio di leggende e di tradizioni popolari. Ve ne sono invece pochissime e scolorite. Il luogo sarebbe adatto ma non la gente, cui la facolt

Di tali acquedotti, miracoli di ardimento, ne rimangono molti in val d’Aosta. Da Châtillon o meglio da Ussel ne appaiono due egualmente maravigliosi, i quali tengono i due versanti della Val Tournanche: uno cinge la costa del monte verso Aosta; l’altro piega verso Ivrea. Il primo menava le acque a Nus, il secondo al villaggio di Saint-Vincent.

Negli ultimi anni del regno di Vittorio Emanuele, i cacciatori di contrabbando erano in val d’Aosta tanto cresciuti di numero e di baldanza, che il Re aveva trovato di non potersene altrimenti liberare se non accogliendo fra i proprii guardacaccia alcuni degli stessi contravventori, i più audaci e fortunati.

L’abate Chanou, cavaliere e canonico, è un uomo colto, socievole, argutissimo, austero e gioviale, innamorato della montagna, curioso osservatore de’ suoi fenomeni, tutto fervente di zelo scientifico. Venne giovanissimo a reggere l’ospizio e non volle più dipartirsene, malgrado le vistose offerte che gli rinnova spesso il vescovo d’Aosta, di prebende o di canonicati.

La nuova diligenza si trovò alla stazione all’arrivo dell’ultimo convoglio; l’estate precoce aveva anticipato l’affluenza dei forestieri, un monello improvvisato a fattorino, strillava dallo sportello: Val d’Aosta, si parte subito; un facchino raccoglieva intorno gli scontrini del bagaglio.

Ai piedi, nella valle quieta e verde, la chiesa e gli sparsi casolari di Cogne: dirimpetto, la mole del Gran Paradiso e le ghiacciaie della Tribolazione, a sinistra la scogliera color di rame della Nouva, a destra la Grivola curva e tagliente come una scimitarra, e dove la valle di Cogne scende in quella d’Aosta, laggiù nel fondo lontano, irradiante splendori, la vetta sovrana del Monte Bianco.