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Non se ne vedeva la fine; lontano lontano lassù presso la Colonna di Giove, era uno scampanellare serrato, e man mano che venivano, trovando la strada fatta, andavano mugolando e fiutavano il rifugio. Quante ve n’erano ferme innanzi l’Ospizio? Il prete diceva un dugento a dir poco e ne dovevano giungere almeno altrettante. Che farne? Dove metterle?

L’abate Chanou, cavaliere e canonico, è un uomo colto, socievole, argutissimo, austero e gioviale, innamorato della montagna, curioso osservatore de’ suoi fenomeni, tutto fervente di zelo scientifico. Venne giovanissimo a reggere l’ospizio e non volle più dipartirsene, malgrado le vistose offerte che gli rinnova spesso il vescovo d’Aosta, di prebende o di canonicati.

Io son colui che tenni ambo le chiavi del cor di Federigo, e che le volsi, serrando e diserrando, soavi, che dal secreto suo quasi ogn’ uom tolsi; fede portai al glorïoso offizio, tanto ch’i’ ne perde’ li sonni e ’ polsi. La meretrice che mai da l’ospizio di Cesare non torse li occhi putti, morte comune e de le corti vizio,

Io son colui che tenni ambo le chiavi del cor di Federigo, e che le volsi, serrando e diserrando, soavi, che dal secreto suo quasi ogn’ uom tolsi; fede portai al glorïoso offizio, tanto ch’i’ ne perde’ li sonni e ’ polsi. La meretrice che mai da l’ospizio di Cesare non torse li occhi putti, morte comune e de le corti vizio,

Durante due secoli, il XIII ed il XIV, in luogo dei soldati sfiniti e sbigottiti, l’Ospizio vide passare con norma consueta, le fastose e gioconde cavalcate dei Conti di Savoia che si recavano in gran pompa di Ciamberì in Aosta a tenervi le corti di giustizia.

E allora quei forsennati si facevano minacciosi: erano cinquecento capi di bestiame, cinquecento, ha inteso, Rettore, e s’avranno a perdere tutti, mentre l’Ospizio è vuoto?

Ciò basti, se non alla storia, alla leggenda del Piccolo San Bernardo e scusi gli abitanti delle terre vicine, se chiamano: Cerchio d’Annibale, un cerchio druidico, tuttora visibile sulla spianata presso l’Ospizio.

E tornò al prete la dura solitudine: i domestici rifugiati nella stalla, egli in libreria. Se non che, qualche volta, preso dalla impazienza di una voce umana che parlasse, non il gergo valdostano, ma la lingua letteraria, conforto e sollievo del suo spirito, si recava, nelle giornate senza vento, ad un luogo vicinissimo donde sillabando ad alta voce di contro l’Ospizio, le pareti gli respingevano intera e netta ogni parola. L’eco era diventata il suo interlocutore. Una volta, ed era d’estate, lo intesi sfogare con quel docile dialogista certi suoi ardori patriottici d’italiano, offesi dalla impertinenza di alcuni ufficiali francesi passati quel giorno dall’Ospizio. Capitai all’improvviso, mentre scagliava contro l’innocente parete le sue invettive e ne risi; ma quando m’ebbe detto ridendo bonariamente che quell’eco era la sola buona compagnia che egli avesse per otto mesi d’inverno, mi sentii stringere il cuore per la piet