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Ma, senza poterci offrire un testo latino che risponda in tutto alle Chiose volgari, e i due testi son molto dissimili, salvo in qualche chiosa che hanno a comune, il censore si dette a rifrustare nel commento volgare i latinismi e, sin il vocabolo leno gli sa di latino e non gli sovviene che leno significa arrendevole e in questo senso non solo spesso si trova nelle scritture del trecento, ma e' corre pur oggi, qual moneta di buon conio, nella lingua parlata.

Anticamente, ciascun corpo morto, per usanza, in certe legne s'ardea, nelle quali dal più prossimano suo parente il fuoco era messo, ricogliendo cotale cenere poi e in alcuno vaso sepolto; i quali fuochi volgarmente chiamati erano pire, tra le quali, essendosi insieme in sul campo morti Teocle e Polinice, fratelli e re di Tebe, per la division del dominio che tra loro era stato, come in alcuna passata chiosa si conta, quella dove finalmente insieme dalle lor donne fur messi, ardendo due fiamme divise faceva a figurare la carnale divisione che infino a morte tra loro era stata, la quale per essenpro di due grandi della presente colpa così figurativamente qui uniti si piglia, la cui continenza giù si contiene.

Ma peccato che il valentuomo, il quale si avventava ad una temeraria risoluzione, non credesse opportuno darsi la briga di mettere a raffronto i due testi. Con questo piccolo avvedimento si sarebbe chiarito che la chiosa italiana è assai più precisa e più nitida della latina e il preteso volgarizzatore non merita di essere tanto svilito.

E finisce qui? dimandò maliziosamente Ginevra, alla cui perspicacia non era sfuggita la titubanza del narratore, certe occhiate ch'egli andava tratto tratto gettando, a mo' di chiosa, all'amico Aloise. Finisce qui, marchesa; rispose Enrico. Non mi piace. Pure, è storia pretta. Mi date licenza di non crederlo?

Così, ad esempio, nel tratto ove parla delle Furie, per il significato delle quali si richiama a' soliti «poeti»: ed una parte di questa Chiosa proviene da Lattanzio, l'altra da Sant'Isidoro: e il tutto si legge in altro Commento dantesco del tempo, ove non pur son menzionati i detti autori, ma se ne riferiscon quasi testualmente le parole.

Ma i due figliuoli di Dante furono tutt'e due commentatori della Commedia: Pietro di tutto il poema, Jacopo non andò oltre la prima Cantica. A Jacopo, mentre ebbe dimora in Firenze, molti dovean far capo per richiederlo di spiegazioni su i passi più ardui. Ed è curioso che il possessore di un antichissimo codice scrivesse in margine ove non s'intendeva: Jacobe, facias declarationem. In una tra le varie stesure dell'Ottimo è riferita, col nome di Jacopo, una chiosa, mentre altre, numerosissime, di leggeri riconoscibili per la singolarit

Onde così nominata, reina dello inferno s'intende, si come Dite, cioè Lucifero, Re; della quale ancille e principii di tutto suo seguito sono come nella sopradetta chiosa si conta.

Or si dice, ma non è un bene apporsi, che la Chiosa è bene a suo luogo nel Commento di Jacopo, poichè essenzialmente allegorico: d

A ciò sono in tutto rispondenti le parole di Jacopo: «Alquanto discreto è alquanto esser goloso e alquanto non essere». Per il vocabolo alquanto, traduzione dal latino aliquando è evidente che Jacopo deriva la sua Chiosa dalla esposizione di Guido da Pisa, che l'aveva trovata nel Commento di Ser Graziolo. E la serie cronologica di questi Commenti è forse da porsi in tal modo: 1.º Ser Graziolo .

Ciò ch’io dicea di quell’ unica sposa de lo Spirito Santo e che ti fece verso me volger per alcuna chiosa, tanto è risposto a tutte nostre prece quanto ’l dura; ma com’ el s’annotta, contrario suon prendemo in quella vece. Noi repetiam Pigmalïon allotta, cui traditore e ladro e paricida fece la voglia sua de l’oro ghiotta;