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Aggiornato: 5 luglio 2025


La principessa non sapea che tra' suoi beni non le rimaneva più da garantire una tal somma. Al Weill-Myot, causa della rovina di lei, era ben noto: ma egli non era ancora contento. Il male fattole non gli sembrava sufficiente.

Finalmente, pensava, l'americano non m'ha detto di no.... E si appigliava a tale speranza. Se non riuscisse? si diceva. -Io non mi posso rivolgere ad altri!... Non avrebbe mai domandato a un gentiluomo della sua classe ciò che avea domandato al Weill-Myot. Quell'americano poteva ben rendere un servizio a una gran dama: non era nato per altro! Essa l'avrebbe ringraziato, rimunerato: ecco tutto.

A quest'ora, principessa?... esclamò il Weill-Myot. Qual affare vi conduce?... E pronunziò la parola affare con un tuono, che non lasciò alla principessa illusione di sorta. Il banchiere, vista specialmente la studiata abbigliatura della principessa, le facea intendere che egli non era disposto a sostener una scena di seduzione.

Il principe non disse verbo ad Enrica, poichè il suo male lo accasciava: solo rispose al suo saluto con un amaro sorriso. Ma Enrica era stordita: sapea i piaceri che l'attendevano: era sicura di parecchie ore di svago, di eccitazione, di trionfo in mezzo a facili e simpatici cortigiani: non gli badò. In casa della duchessa, Enrica incontrò quella sera anche il Weill-Myot.

La principessa, come sappiamo, aspettò per molte ore la visita del Weill-Myot. Gi

Vi ho detto, caro Weill-Myot, che voglio mi trattiate come una vera amica: siamo nello studio di un grande artista; parliamoci d'arte, e trattiamoci da veri camerati.... Ve ne do l'esempio.... E la principessa si gettò su una larga ottomana, e vi cadde in modo che le sue tibie rimasero, in parte, scoperte. Volea dar al pittore un'idea delle sue perfezioni.

Voi siete artista, principessa, continuò il Weill-Myot, che parlava sempre famillionariamente, secondo un notissimo avverbio, alla gentildonna. Volete entrar nello studio del nostro Murcillo.... veder i suoi capilavori?

Cedeva alla sua solita smania di far pompa di , di mostrare le sue bellezze. Il Weill-Myot uscì per dar gli ordini opportuni, e stette un pezzetto a tornare. Il pittore parlava con la principessa, che in quella posizione lo esaltava, gli mandava in fiamme il cervello.

La mattina di tal giorno era uscita a cavallo, e s'era avviata verso Castellamare. A un tratto udì lo scalpitìo di un altro cavallo, che correva dietro il suo; poi le parve udir mormorare il suo nome; si volse e riconobbe il bel giovane, che serviva di primo commesso al Weill-Myot.

Se ne tornò a casa e aspettò per lunghe ore nelle sue stanze l'arrivo del Weill-Myot. Era una giornata piovosa, malinconica. Ogni tanto ella sentiva brividi di freddo e si avviluppava nella sua gran veste di velluto color granato, con ampie rivolte di raso bianco. Nessuno quel giorno venne a trovarla, ed essa aspettava una visita, palpitando.

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