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Aggiornato: 3 luglio 2025


Il letto era vuoto, e ancora intatto: in torno nulla indicava che una signora era entrata per passarvi la notte; , per quanto egli girasse lo sguardo, gli era dato di scorgere il cappello, il velo, la mantiglia di Fulvia. Impensierito, s'avanzò d'un passo nella camera. Nessuno! Era vuota, si sarebbe detto che alcuno mai fosse stato, al freddo ordine che vi regnava.

La signora Federica era stata a desinare dai Dal Bono, non s'era acceso il fuoco dopo l'ora di colazione, la dispensa era vuota. Come prevedere che il signor ingegnere avrebbe anticipato di un giorno il suo arrivo? Così il signor ingegnere fu costretto a recarsi a un restaurant, ove mangiò frettolosamente un boccone, dolendosi seco medesimo del cattivo esito della sua improvvisata.

Il vento che passa per le fessure delle imposte, che s'ingolfa pei corridoi, ha dei suoni gravi e lunghi come quelli dell'organo. Che vista! Nella notte profonda, le immense finestre della cupola si disegnano vivamente illuminate. La luce non è eguale, ma vacillante come se delle grandi ombre errassero tutt'intorno. Quale cerimonia si celebra a quest'ora nella chiesa?... La chiesa è vuota.

La tomba tace. La tomba è vuota. In tutto il cimitero Compie natura il suo vital mistero; Sorgono fiori dal terren ferace. È lieto il cimiter, natura è lieta, Il dolore è nell'uomo e nella vita. Il resto è pien della gioia infinita, Della gioia immortale a noi segreta,

A costei io avrei dovuto serbarmi fedele tutta la vita? Oggi, domani, mi sarei imbattuto nella donna per la quale l'amore non era vuota parola, e il mio poteva essere anche una salvezza o un motivo di vivere.... Io avrei dovuto rinunciare alle sconfinate gioie d'un simile possesso, per che cosa? Per rappresentare nella commedia la maschera del marito fedele.

Noi due siamo rimasti, in disugual modo, sognatori ostinati, diceva Bissi sorridendo malinconicamente. Il mondo è dei violenti. C'è violenza e violenza, risposi. Io preferisco quella che adopriamo noi, tu più di me. È la più sicura. Ci eravamo dilungati troppo. Una carrozza vuota ci veniva incontro. La fermai.

Aprirono con una chiave di casa, che poi diedero a lui, e lo precedettero di sopra all'ultimo piano, dov'era la stanza che doveva essere il suo studio. Era una vasta stanza chiara, quasi vuota. Davanti alla finestra era un grande scrittoio. Alcune sedie, un tavolo, e una libreria semivuota, costituivano quasi tutto il mobiglio.

Ella ritirò la mano dalla sua stretta. E la mano di lui rimase vuota e aperta nel sole; una grande mano, forte ma solitaria. Oh, caro Sconosciuto! disse Nancy, e si chinò in avanti, e baciò quella mano derelitta. Non gettiamo via la mistica Rosa dei nostri sogni! Non vuoi? diss'egli, e il suo viso abbronzato era così pallido che anche Nancy, guardandolo, si sentì impallidire.

Ma che brio e che umore, nel miglior senso di questa parola! Non una frase, non una parola vuota e fuori posto.

Tre volte, andando, mi rivolsi a vedere chi m'inseguisse. Tre volte mi dissi ch'era l'eco de' miei passi che risonavan sul selciato della via vuota come una tomba. Davanti al piccolo cancello pensai: A che questo supremo strazio? Ma più di mille braccia mi sforzarono. E salii, ed entrai. E vidi, con questi occhi. La culla di l

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