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Aggiornato: 22 maggio 2025
Il tavolino da lavoro dove altre volte si occupava come sapeva meglio la Caterina, ora era diventato il posto dell'Elena, che ne aveva coperto il cuscino con un ricamo, e ci aveva messo accanto un bel cesto di vimini ricamato anch'esso, nel quale riponeva la biancheria da rammendare. Nella cassetta del tavolino teneva sempre qualche libro, e tratto tratto lasciava il lavoro per leggere un poco.
E corse verso la culla di vimini a ruote, dove la bambina armeggiava, con le manine, all'ombra della palma dai grandi rami quasi spioventi. La seggiola l
Il salotto della contessa Ginevra, sempre con quei vecchi mobili, sembrava attendere la stessa conversazione di tanti anni; la poltrona del povero Ambrosi portava ancora le tracce delle sue così pronte irritazioni nelle frangie sfilacciate dei bracciuoli; quella della contessa Ginevra, più larga e pesta dalla pesantezza del suo corpo, era presso al solito tavolino, sul quale il piccolo paniere da lavoro, in vimini dorati e con uno sportello rialzato, lasciava vedere tutto un aggrovigliamento di matassine e di gomitoli a mille colori.
Alcune donne supplivano alla musica difettosa col cantare, con voce stridula, battendo il tempo coi piedi. Venuta la notte non c'era un lume in tutto il recinto. L'albero coperto di pezzi di stoffa, era illuminato dal chiaro della luna: verso la sua cima era attaccato in senso orizzontale un fascio di vimini che gli dava così una certa rassomiglianza con la croce cristiana.
Erano in questi discorsi, quando venne un selvaggio, probabilmente un servo del re, portando una cesta intessuta di vimini colorati. In quella cesta si vedeva una quantit
Aveva notato che la contessa, impassibile con tutti, sembrava un poco nervosa quando Nenni tardava. Una sera, durante un ricevimento, nell'attraversare la serra, Ariberto aveva veduto la contessa passare in fretta: seduto sopra un divano di vimini era Nenni Forcioli; e la contessa gli aveva dato la mano a baciare.
La giornata che il mattino prometteva bellissima, poco alla volta s’era oscurita. Quando ci levammo di tavola il vento cominciò a far ballare i vetri, quando ebbimo bevuto il caffè cominciò a nevischiare. S’era in fine d’aprile. Giù per i vigneti che scendono sino alla Dora sorgeva dal terreno ghiaioso e fra le catene brune dei vimini qualche albero sottile di mandorlo o di pesca, tutto fiorito e di l
Se l’ingresso era angusto il nido era comodo, e vi si stava benissimo tanto seduti che sdraiati. Era fatto come un casotto da uccellanda. I rami legati coi vimini formavano delle fitte pareti che non lasciavano penetrare il sole. Il sentore della terra e delle foglie fermentate, facevano esalare un profumo boschereccio.
Imparò anche a far dei mazzolini e vide in seguito che i fiori stavano bene in un canestro di vimini. Una volta che una di quelle signore dimenticò un cappello di paglia, a foggia di paniere, colla tesa larga e piovente, la Gina se lo provò sul capo, e vide che pareva anch'essa un fiore nel paniere.
Lei, signorina! proruppe l'altra sgranando gli occhi, mentre l'aiutava a cavarsi il cappellino. La fanciulla si guardava attorno con aria ilare. Nella saletta non v'erano che la tavola ed una credenziera, piena di piatti e di bicchieri, con alcune seggiole: presso alla finestra un treppiede di vimini sosteneva il cestino da lavoro di Margherita.
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