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Aggiornato: 21 luglio 2025
Alla quale eziandio la natura c'induce, sí come noi per esperienza veggiamo, percioché, incontanente che alcuna cosa sinistra veggiamo contro a noi muoversi, subitamente preghiamo per lo divino aiuto.
Che del nostro poeta certo non avverrá, anzi, sí come noi veggiamo degli strumenti bellici addivenire, che per l'usargli diventan piú chiari, cosí avverrá del suo nome: egli, per essere stropicciato dal tempo, sempre diventerá piú lucente.
Se per isciagura di chi a casa la si mena, fia sozza, assai aperto veggiamo le bellissime spesse volte e tosto rincrescere; che dunque dell'altre possiamo pensare, se non che, non che esse, ma ancora ogni luogo nel quale esse sieno credute trovare da coloro, a' quali sempre le conviene aver per loro, è avuto in odio?
Se noi vorremo por giú gli animi e con ragion riguardare, io mi credo che assai leggiermente potremo vedere gli antichi poeti avere imitate, tanto quanto a lo 'ngegno umano è possibile, le vestigie dello Spirito santo; il quale, sí come noi nella divina Scrittura veggiamo, per la bocca di molti, i suoi altissimi secreti revelò a' futuri, facendo loro sotto velame parlare ciò che a debito tempo per opera, senza alcuno velo, intendeva di dimostrare.
Non aveva di certo la sua orazione un nobile incominciamento al pari di quella che venne poco dopo scritta da monsignor Giovanni Della Casa per Carlo Quinto, che così principia: Siccome noi veggiamo intervenire alcuna volta, Sacra Maest
I greci. Veggiamo intanto qual profitto avesser tratto que' nostri maggiori, al rifarsi imperiali, al ridiventare, come dicevasi allora, romani, in realtá provinciali greci. E prima, poiché non furono finiti di cacciare tutti i barbari se non uno o due anni prima che venissero i longobardi, vedesi che la misera Italia non respirò se non d'altrettanto.
Ma, sí come noi veggiamo, per lunga usanza le passioni divenire agevoli a comportare, e similmente nel tempo ogni cosa diminuire e perire; avvenne che Dante infra alquanti mesi apparò a ricordarsi, senza lagrime, Beatrice esser morta, e con piú dritto giudicio, dando alquanto il dolore luogo alla ragione, a conoscere li pianti e li sospiri non potergli, né ancora alcuna altra cosa, rendere la perduta donna.
Averroi. Leggiamo nel Genesi che la verga, la quale teneva Mosé in mano, d'uno legno, per divina potenza, divenne uno serpente e ritornò poi di serpente ne la sua primiera forma. Ecco chiaramente veggiamo che puote Egli le spezie mutare e le forme de le nature de le cose, sí come colui nel cui arbitrio è dare e tôrre ogni essere ed ogni vita ed ogni intelletto.
E perciò, lasciati i versi latini, in rittimi volgari scrisse, come veggiamo. Dividesi adunque il presente volume in tre parti principali, le quali sono li tre libri ne' quali l'autore medesimo l'ha diviso: de' quali il primo, il quale per leggere siamo al presente, si divide in due parti, in proemio e trattato. La seconda comincia nel principio del secondo canto.
TRIPERUNO. Meglio è martire che confessore. LIMERNO. Cotesto è piú che vero. Ma veggiamo finalmente lo sonetto di Mirtella, la cui sorte fu questa: SOLE, MORTE, TEMPO, CARRO, IMPERATRICE, MATTO Simil pazzia non trovo sotto 'l Sole, di chi a gioir del Tempo tempo aspetta: Morte, su 'l Carro Imperatrice, affretta mandar in polve nostra umana prole.
Parola Del Giorno
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