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Aggiornato: 18 giugno 2025
Sì, sì, vecchia storia; borbottò mastro Jacopo; ed io v'ho risposto fin da principio che se Spinello vorr
Marfisa n'ebbe un lago di piacere; da' piè le corse il sangue all'intelletto; e non aspetta altro messo o corriere, ché del guascon ragionava il viglietto e le dicea: «Venite tosto e sola, ch'io v'ho a dir molto grata una parola». Era il meriggio, era di maggio il mese, il foglio a pranzo invitava la dama.
FORCA. Padron, perdonatemi, sète stato frettoloso a credere ed estimar vostro figlio e un amico come Alessandro, un assassino ché l'uno vi fu sempre ubidientissimo e l'altro venti anni un buon vicino, e me per un ladro, che v'ho servito venti anni fedelmente. FILIGENIO. Eccoti i cento scudi: almeno non arò rimordimento di conscienza di aver fatto cosa con malizia.
Tre quarti d'ora dopo l'arrivo d'Orsacchio e di sua moglie, l'albergatore, che v'ho detto star sulla porta inoperoso ed ingrognato, ebbe ragione di stupirsi molto e di rallegrarsi alcun poco, vedendo nella pianura che si distendeva sotto quella collina, sulla strada che conduceva al villaggio, un'altra carrozza che veniva al trotto serrato di due cavalli cui la sferza del postiglione sollecitava, proprio come se colla loro rapidit
Perdóne Usted, rispose freddamente; io vi rispondo che non capisco voi. Quando v'ho detto tutte le cose nelle quali credo che siate superiori a noi, che volete che vi dica di più? Volete che vi dica quello che non penso? Vi dico che le vostre strade sono più grandi delle nostre, che le vostre botteghe sono più belle, che avete delle officine che noi non abbiamo, che avete dei ricchi palazzi.
Perdonatemi dunque il fallo involontario: io mi ritiro. Restate, disse la donna. Poichè il destino mi vi ha condotto dinanzi, ed io v'ho gi
DULONE. Signora Cintia, non piú signor Cintio, sia lodato Iddio ch'è scoverta ogni cosa; e poiché la fortuna e tutto il mondo vi riverisce, giusto è che vi riverisca ancor io e che vi cerchi perdono delle offese, e del mio mal animo che v'ho sempre avuto, e di aver sempre dissuaso al padrone ché non v'amasse; ma poiché il mio padrone, che è di maggior giudicio ch'io non sono, ci s'era ingannato, non è gran cosa che mi fusse ingannato ancor io.
68 Questo ch'io v'ho narrato, in parte vidi, in parte udi' da chi trovossi al tutto; dal re, vi dico, che calende ed idi vi stette, fin che volse in riso il lutto: e se n'udite mai far altri gridi, direte a chi gli fa, che mal n'è istrutto. Il gentiluomo in tal modo a Grifone de la festa narrò l'alta cagione.
Comparve finalmente il servo col notajo. Vogliate perdonarmi, caro messere, disse il conte al nuovo venuto, se v'ho mandato a sturbare in quest'ora tarda, ma non c'era a perder tempo in nessun modo, e occorreva che voi apponeste il vostro tabellionato a una tal coppia di righe, che ora stenderò io medesimo, e che questo signore sottoscriver
78 Così dicea Grifon, così Aquilante. Giostrar da sol a sol volea ciascuno, e preso e morto rimanere inante ch'incontra un sol volere andar più d'uno. La donna dicea loro: A che far tante parole qui senza profitto alcuno? Per torre a colui l'arme io v'ho qui tratti, non per far nuove leggi e nuovi patti. 79 Quando io v'avea in prigione, era da farme queste escuse, e non ora, che son tarde.
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