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I grandi editori-mercanti imperano; assegnano limiti commerciali alle forme melodrammatiche, proclamando, quali modelli da non doversi superare ed insuperabili, le opere basse, rachitiche e volgari di Giacomo Puccini e di Umberto Giordano.

Callegari Sante, anni 1 e 6 mesi di detenzione da scontarsi in una casa di correzione Castelnuovo Umberto, anni 2 e mesi 1 di reclusione Cerchiai Alessandro, anni 3 di reclusione e 3 di sorveglianza Gabrielli Alfredo, 10 mesi di reclusione Gruppiola Francesco, 1 anno di reclusione e 3 di sorveglianza Baldini Domenico, anni 3 di reclusione Fraschini Giuseppe, 1 anno di reclusione e 3 di sorveglianza Chiesi Gustavo, direttore dell'Italia del Popolo, ad anni 6 di reclusione e 1 di sorveglianza Federici avv.

Sul volto di Roberto s'era diffusa una espressione di compiacimento quasi fanciullesco, alle parole di Umberto; e il vecchio restò a guardare il Re che s'allontanava con Margherita, stretti intorno dagli alti funzionarii. Filippo gli domandò: Sei soddisfatto? Umberto è stato molto gentile con te.

La sera che dovevamo partire me ne andai solo solo all'Arena Merini... pardon al teatro Principe Umberto; chiacchierai cogli amici, mi mostrai più di buon'umore di quello che ero realmente, dissi male degli Italiani che erano andati in Francia, e protestai di riconoscer di avere io fatto malissimo a partire la prima volta. Che volete?

Dieci minuti dopo, l'unica stanzaccia terrena della casipola offriva uno spettacolo strano. Nel focolare scoppiettava una bella fiammata: e tutt'attorno sedevano tre uomini: don Peppino nel mezzo, Biagio Valvo, a destra, Umberto Riggio a sinistra; se ne stavano, ritti a gruppi, altri banditi, e campieri, e pastori, fin proprietari, associati alla banda.

Il principe Umberto e la principessa Margherita, recandosi da Firenze a Napoli per la via ferrata, sarebbero passati dalla stazione di Roma. Nessun momento poteva essere più propizio di quello. Quando appunto i principi italiani si fermavano per qualche momento alla stazione di Roma, dovevano balzare le teste dei due condannati.

Se Vittorio Emanuele entrando in Roma nel 1870 aveva, nella sua fiacca coscienza di cattolico, sentito il bisogno di scrivere una lettera quasi di scusa al Papa, rincarando sulla vilezza dei ministri che si confessavano spinti su Roma dal popolo, scambiando così per finezza diplomatica la loro insufficenza in uno dei più grandi momenti della storia universale, Umberto I nell'assumere il regno, riaffermò contro il papa Roma intangibile degli Italiani.

A questi tumulti presero parte attiva Callegari Sante, Castelnuovo Umberto, Cerchiai Alessandro, Gabrielli Alfiero e Gruppiola Francesco; nel 6 maggio si trovarono al Ponte Seveso ed in via Napo Torrioni, e nel giorno 7 sul corso di Porta Venezia. Costoro sono anarchici e lo confessano; e tali sono pur anco gli altri imputati Baldini Domenico, Fraschini Giuseppe ed Invernizzi Pietro.

Le visite del Mazzini e del Garibaldi, di Vittorio Emanuele e del Principe Umberto, di Don Pedro d'Alcantara e del Granduca Alessandro di Weimar, erano dimostrazioni particolari di quel consenso universale d'ammirazione, pel quale la gloria letteraria del Manzoni fu insuperata ed insuperabile.