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Aggiornato: 16 maggio 2025
La pena segue il delitto. A Colle Gigliato ho ucciso il suo complice; qui uccido lui. Se Iddio non avesse voluta la sua morte, non me l'avrebbe cacciato tra' piedi. Intanto quell'altro perdeva le forze. La fune, scorrendogli tra le dita aggranchite, gli aveva lacerate le carni. I tendini denudati non ressero allo strazio, e le mani sanguinolenti si apersero.
Chi siete? che volete? sbrigatevi. Sono Esmeralda, una madre che ama. Il cognome? orsù.... Artini. Artini? non lo conosco tal cognome, ma non importa. Voglio stare accanto a mio figlio per assisterlo. Voi non l'assisterete, non voglio. Ebbene, signore, uccidetemi. Non uccido nessuno.... e poi una donna. Ebbene io mi ucciderò, ne ho coraggio. Così va bene... le donne dovrebber esser tutte così.
Una lagrima spuntò sulle ciglia di Eugenia; voleva parlare, ma il pianto le faceva nodo alla gola. Il vile, vedendola intenerirsi, non pose tempo in mezzo, e disse estraendosi da tasca una rivoltella: «Signora, scegliete: o firmate o mi uccido ai vostri piedi.»
Vidi il capitano avanzarsi con un revolver in mano verso alcuni de' più riottosi. Chi disubbidisce lo uccido, egli disse con un piglio che non lasciava il minimo dubbio sulla sincerit
19 febbraio. O mio Dio, sento uno di quegli sconforti, pensando al mio passato! Come vorrei esser morto! Piango! Oggi, qui, dai tetti di un terzo piano di povera gente mi giungeva la vocina balbettante di un bambino. Guardo il suo ritratto. Ma, mio Dio! sento che inavvertitamente caricherei a palla, sì, una pistola antica, e in questa febbre, inavvertitamente me la accosterei alla fronte.... Amo Lei! Lei! Tutta la mia giornata è per Lei! Studio per Lei, di giorno: studio per Lei, di sera! penso a Lei, di notte! Penso ch'Ella deve esser felice, e per non turbarla, non mi uccido! Ma chi più mi trattiene? Che mi aspetta? Che cosa è il mondo per me! Se potessi viaggiare e viaggiare e stancarmi! Come passo le sere e le giornate da solo. Sere di primavera, coll'odore delle violette di Limbiate! Giornate di primavera con una trista, strapotente insidia di volutt
VIGNAROLO. Che «causa», che «sentenza» dite voi? PANDOLFO. Di far mi perdere la mia sposa. E che vo' far della mia vita senza lei? VIGNAROLO. Quanto ho fatto tutto ho fatto per vostra sodisfazione. PANDOLFO. Di quella sodisfazione che tu mi hai dato, te ne pagherò io in castigarti come io fo; e se non ti uccido, è per mancamento di forza, non di volontá.
La vita m'è per ogni rispetto molesta: restando in vita, mi sarebbe il vivere piú acerbo d'ogni acerbissima morte; sarei una che morisse mille volte il giorno senza poter morire; solo nella morte può esser la mia pace e la mia requie. Onde essendo risoluta morire, tardando mi uccido prima che mora: ogni momento che tardo m'è una morte; il pensar a morire è il maggior travaglio che sia nel morire.
Mi si risponde: lascerete Parigi fra un mese, solo, ovvero io vi sforzo a battervi in duello e vi uccido. Battetevi allora.
Non temete voi fece lui, a denti stretti, ma col più amabile fra i sorrisi non temete voi che io uccida vostro marito? La spagnoletta è spenta.... Vedrete che lo uccido, signora. Senza più dirgli nulla, fattasi un po' seria nella faccia, Paola si allontanò da lui, a rilento, come se l'avesse colpita una parola dolorosa.
Il greco a quell'intimazione si volse digrignando i denti. A cinquanta passi da lui stava Abù-el-Nèmr col fucile spianato, circondato dai suoi guerrieri. Maledizione! gridò il greco che comprese d'essere irremissibilmente perduto. Con un rapido gesto sguainò l'jatagan e lo puntò sul seno dell'almea gridando ad Abù: Se non ti fermi la uccido!
Parola Del Giorno
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