Vietnam or Thailand ? Vote for the TOP Country of the Week !
Aggiornato: 20 giugno 2025
«Dopo non so quel che faremo, cioè, se torneremo al Castelletto o se resteremo qui tutto l'inverno, o se verremo a Torino a bussare al tuo uscio. Questa ultima sarebbe la mia proposta. Ho bisogno di lavorare per consolidarmi e per fortificarmi nella realt
Il vecchio avrebbe voluto trattenermi a discorrere. Sai, Calisto, che torneremo qui probabilmente domani, per rimanerci? gli dissi. Alzò le braccia verso il cielo, in segno d'allegrezza. Davvero? Davvero. Avremo tempo di discorrere! Quando vedi la carrozza, vieni ad avvertirmi. Addio, Calisto. E lo lasciai per rientrare. Cadendo il giorno, le rondini aumentavano i clamori.
Vennero numerosi imitatori: nessuno, non esclusi i migliori, come il Varese, il Bazzoni, l'Azeglio, il Grossi, il Cantù, riuscirono a darci un romanzo manzoniano; chi si avvicinò di più, per alcune parti, al tipo, fu Giulio Carcano con la sua Angiola Maria; ma questa, più ancora che i Promessi Sposi, arieggia il Vicario di Wakefield del Goldsmith. Il Manzoni previde il caso, e col suo bravo discorso contro il Romanzo storico mise, come suol dirsi, le mani innanzi, per non venire confuso co' suoi probabilmente numerosi seguaci, che si credettero e non furono e non potevano essere imitatori. Egli non può naturalmente, per modestia, parlare di sè; ricorre quindi ad un altro esempio illustre, ed esclama: "Mi sapreste indicare, tra le opere moderne e antiche, molte opere più lette e con più piacere e ammirazione dei romanzi storici di un certo Walter Scott? Voi volete dimostrare, con questo e con quell'argomento, che non doveano poter produrre un tal effetto. Ma se lo producono! Che quei romanzi siano piaciuti, e non senza di gran perchè, è un fatto innegabile, ma è un fatto di quei romanzi, non il fatto del romanzo storico." Con questo argomento egli salva il proprio libro dal naufragio, in cui si accorge che tutti i romanzi storici devono andare perduti; e meglio ancora da questo argomento, che richiede sempre il sussidio della prova, lo salva, fuor di ogni dubbio, la creazione di alcuni tipi; il poeta creatore di tipi salva il romanziere. Non si domanda, invero, nè importa sapere in qual secolo, in qual villaggio precisamente, Don Abbondio abbia vissuto; ciò che rileva è che si abbia in lui rappresentato al vivo un certo carattere umano, un certo tipo di parroco italiano. Il romanzo può perire; Don Abbondio e l'artista che lo scolpì, vivranno immortali. Ma il genere, insomma, è proprio falso. "Un gran poeta e un gran storico (disse con ragione il Manzoni sentendo sè stesso) possono trovarsi, senzo far confusione, nell'uomo medesimo, ma non nel medesimo componimento. Il positivo non è, riguardo alla mente, se non in quanto è conosciuto; o non si conosce se non in quanto si può distinguerlo da ciò che non è lui; e quindi l'ingrandirlo con del verosimile non è altro, in quanto all'effetto di rappresentarlo, che un ridurlo a meno, facendolo in parte sparire. Ho sentito parlare di un uomo più economo che acuto, il quale si era immaginato di poter raddoppiare l'olio da bruciare, aggiungendoci altrettanta acqua. Sapeva bene che, a versarcela semplicemente sopra, l'andava a fondo, e l'olio tornava a galla; ma pensò che, se potesse immedesimarli mescolandoli e dibattendoli bene, ne resulterebbe un liquido solo, e si sarebbe ottenuto l'intento. Dibatti, dibatti, riuscì a farne un non so che di brizzolato, di picchiettato che scorreva insieme, ed empiva la lucerna. Ma era più roba, non era olio di più; anzi, riguardo all'effetto di far lume, era molto meno. E l'amico se ne avvide, quando volle accendere lo stoppino." Quando il Manzoni ebbe pubblicato il suo Discorso contro il Romanzo storico Siamo fritti! scriveva Tommaso Grossi a Cesare Cantù. E si capisce che, dopo avere pensato e scritto un tale discorso, ove ogni pagina, anzi ogni parola rivela una profonda persuasione, egli non si sarebbe mai accinto a scrivere un secondo libro sul tipo dei Promessi Sposi. Prima di tutto, un libro simile non può essere altrimenti che unico per uno scrittore e per una letteratura. Concepite, se vi riesce, due Iliadi per la Grecia, due Divine Commedie per l'Italia, due Amleti per l'Inghilterra, due Faust per la Germania, due Don Chisciotti per la Spagna; l'uno dei due deve essere una freddura o una caricatura. Così non si può dare in Italia un altro libro simile ai Promessi Sposi, e il Manzoni avea troppo buon senso per immaginarsi di poterlo scrivere; egli non era, per dire il vero, un grande ammiratore del Tasso; anzi è strano il disprezzo che mostrò a questo nostro grande e infelice ingegno; ma, se ammirava qualche cosa in lui, la Gerusalemme Conquistata dovea parergli una grande miseria nel confronto della Gerusalemme Liberata. Egli dunque non avrebbe mai commesso lo sbaglio di comporre un secondo poema, o sia un secondo romanzo; ma nel capitolo 22 del suo romanzo si era letto questo passo, relativo alla storia della Colonna infame ed agli Untori: "È parso che la storia potesse esser materia di un nuovo lavoro. Ma non è cosa da uscirne con poche parole; e non è qui il luogo di trattarla con l'estensione che merita. E, oltre di ciò, dopo essersi fermato su quei casi, il lettore non si curerebbe più certamente di conoscere ciò che rimane del nostro racconto. Serbando però a un altro scritto la storia e l'esame di quelli, torneremo finalmente ai nostri personaggi." Fu uno sbaglio quella pubblica promessa; poichè si trovarono subito, non so se speculatori o spigolatori, o l'uno e l'altro insieme, che gli sfiorarono l'argomento, così chiaramente indicato alla curiosit
«Torneremo nel 1834, al 1821? «Io non vi ho parlato di principî perchè in politica l'unica vertenza che può esistere fra gente come noi siamo non può posare che sulla questione di fatto, di possibilit
Alle quali ad ogni modo noi torneremo anche meno che non alle guerre di cittá a cittá; ristretti che siamo ne' limiti d'un sommario, e cosí sforzati a diventar qui tanto piú brevi, quanto piú, sorti i comuni, sorge oramai una storia particolare d'ognuno, si sminuzza moltiplicandosi quella universale d'Italia.
FANNIO. Or prepariamoci a tornarvi. LIDIO femina. Certo, Fannio, tu se' fuor di te. Tu promesso hai a Ruffo che noi ci torneremo; e non so come vuoi che vada questo fatto. FANNIO. Perché? LIDIO femina. Me ne domandi? Scempio! come se tu non sapessi ch'io son femina! FANNIO. E poi? LIDIO femina. E poi, dice!
Questa educazione morale, sulla quale torneremo or ora, è un mezzo di riuscita molto più sicuro che non il rimedio fisico adoperato da un timido degno di passare alla storia. Costui ricorreva... alla cocaina. Siccome la cocaina ha la virtù di rendere l'occhio momentaneamente immobile, così egli ne prendeva una buona dose per poter guardare in faccia i proprî interlocutori e non esserne sgominato!
T'accerto che io.... Non vo' scuse; ti sgranchirò fuori io, per dinci! Vorresti farmi il pedantuzzo? aspetta alla quaresima, quando torneremo al maledetto cortile del liceo: mancano quattro dì a finire il carnevale; e se non l'annego in quattro solenni bevute del nostrano migliore, non chiamarmi più Bernardone. Su dunque, non fare il ritroso, o ti giuoco un brutto tiro.
Ora torneremo a interrogar lui. Licenziata la giovane, il Ferpierre ordinò che fosse introdotto Zakunine. La condotta di costui, durante la prigionia, era stata tutta diversa da quella della presunta sua complice.
Manfredi facendosi presso ai Capece, che se ne stavano ristretti intorno al fuoco: «Prodi cavalieri, e dilettissimi amici miei,» disse loro «io vengo a togliervi fino il piccolo conforto di asciugarvi le vesti: vedete che si guadagna a seguitare la fortuna del profugo! Tra poco torneremo a cavallo.»
Parola Del Giorno
Altri Alla Ricerca