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Aggiornato: 1 maggio 2025


TRAPPOLINO. Tu devi avere cattivi vicini, neh vero? MALFATTO. , , sto qua vicino; e vorria parlare a colui che sta qua dentro. TRAPPOLINO. Chi è? come ha nome? MALFATTO. Non me ssi aricorda a me. O Luzio, come se chiama quello ch'io te dissi ch'io cercavo? LUZIO. E che ne so io? A me lo dimandi? Tu non hai buon cervello. MALFATTO. Dove sei andato? Olá! Tic.

LIMOFORO. Di grazia, chiamatelo, che tutto fia per vostro bene. PEDANTE. Tic, toc, tic. PSEUDONIMO. Che commandate, mio carissimo maestro? PEDANTE. Questo gentiluomo ha caro ragionarvi. PSEUDONIMO. Eccomi al vostro commando. LIMOFORO. Desidero sapere il vostro nome. PSEUDONIMO. Io? Limoforo. LIMOFORO. Di che cognome? PSEUDONIMO. Pignattelli. LIMOFORO. Di che cittá?

Vi priego che non l'aviate per male, ché l'amore ch'io vi porto mel fa dire e la pace ch'io vorrei vedere in casa vostra. CURZIO. Credolo. Ma vattene innanzi e fa' oprire. RUFINO. Signor . CURZIO. Certo, gran sorte è stata la mia a trovar, in tanto bisogno, questi denari. RUFINO. Tic, tic. Costui deve essere in cantina. CURZIO. Non ci deve essere in casa, neh vero? RUFINO. Io non vel so dire.

Ad ogni momento credeva di sentire dietro le spalle il riso schernitore della duchessina, mentre tutti gli orologi a pendolo, appesi all'intorno, coll'oscillar dei dondoli, che variavano dalle note acute, argentine, a quelle più gravi e profonde, gli mettevano il capogiro, e pareva lo deridessero, ripetendo il nome di Lalla in ogni tono, coi loro tic tac, lenti, misurati e monotoni.

Ed egli vi ha risposto che io non traduco più Villon con lui e che mi annoio a udirlo parlare della poesia francese del XV secolo.... Vi ha detto questo?... A un dipresso, rispose Ariberto. Ma, caro amico, son due anni che ne sento parlare e son due anni che porto pazienza. Vedete di quali colpe mi accusa? Miserie, non vi pare? E perchè non lo lasciate parlare? Tutti noi abbiamo il nostro tic.

Abbiate pazienzia fino ch'egli esca fuore. FLAMMINIO. E' nol farebbe Iddio ch'io avessi piú pazienzia. CRIVELLO. Voi guastarete la torta. FLAMMINIO. Io mi guasti. Tic, toc, toc. CLEMENZIA. Chi è? FLAMMINIO. Un tuo amico. Viene un poco giú. CLEMENZIA. Oh! Che volete, messer Flamminio? FLAMMINIO. Apre, ché tel dirò. CLEMENZIA. Aspettate, ch'io scendo.

Ma andiamo un poco qua, ché voglio parlare a un mio compagno. LUZIO. Come ha nome? MALFATTO. Non te llo voglio dire. Ecco la casa. Aspettateme voi, Luzio, ché voglio bussare. LUZIO. ; ma spácciate. MALFATTO. Tic, toc. Oh de casa! oh nesciuno! oh quello! Tic. Non ci deve essere, neh vero? LUZIO. No, che non ci deve essere. Andiamo con Dio. MALFATTO. Lassame bussare tre altre volte, prima. Tic.

Quando invece di guardare fra tre persone presenti ciò che le distingua le une dalle altre, un baffo più o meno folto o un occhio strabico o un tic nervoso, si cercher

Così giungemmo al 17 gennaio dell'anno di Grazia milleottocentosettanta. Il cielo si era un po' rischiarato: ci destammo un poco più tardi del solito, poiché in dormiveglia ci sentivamo solleticare gli orecchi dal monotono tic tac dell'acqua che sgocciolava dai tetti, su cui si sfaceva la neve.

Ben mi fia aperto: ché, or che Calandro è con la vaga scanfarda condotta da me per la via di , voglio ire a narrare il fatto a Fulvia che so ne creperá delle risa. Ed invero la cosa è tale che faria ridere li morti. Bei misteri doverranno essere li loro! Or vado a Fulvia. FESSENIO fuor de l'uscio. SAMIA dentro. FESSENIO. Tic, toc; tic, toc. Sète sordi? Oh! oh! Tic, toc. Aprite. Oh! oh! Tic, toc.

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