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⁴³⁹ V. E. Sergio, Memoria per servire ad un piano di una nuova casa di educazione per la gente bassa. Palermo, Bentivenga, 1779. Frattanto, antichi istituti beneficavano i fanciulli dispersi, che, distinti in bianchi e in turchini, venivano ospitati ed istruiti nel seminario di S. Rocco e in quello del Buon Pastore.

Tutti e due pensavano qualche volta al seminario, che doveva separarli. Vincenzo ne parlava con orgoglio. Il seminario era il primo passo verso la sua futura grandezza. Quando dirò la prima messa, diceva, si far

Così i due giovani amici erano giunti uno a diciotto, l'altro a dicianove anni, senza essersi più riveduti. Nell'inverno del 1864 Vincenzo trovò nella biblioteca del seminario, fra i libri che era permesso agli alunni di leggere: Il primato morale e civile degl'Italiani, di Gioberti.

Per conseguenza, Adriano era allevato al seminario di Saint-Sulpice, e Vitaliana nello splendido stabilimento della strada di Varenne. Le loro madri li visitavano durante tutto l'anno. Ma i due cugini non si vedevano altrimenti che nel tempo delle vacanze.

Allora, non avendo più nulla a temere dalla propria debolezza, si sentì più calmo. L'idea alta del dovere lo rassicurava, e potè dedicarsi con tutta la sua intelligenza allo studio. A 22 anni e 6 mesi, ottenne di ricevere il presbiterato, e poco dopo lasciò il Seminario, ed in capo a pochi mesi, ebbe la fortuna d'essere collocato come viceparroco nella parrocchia stessa della famiglia Dogliani, dove il parroco gi

MALFATTO. E me disse ancora che voi sète un poltrone. PRUDENZIO. Vade ad furcas, prosuntuoso. CURZIO. Oh che piacer è questo! PRUDENZIO. Io multum miror che la Eccellenzia Vostra abbi machinato contro di noi alcune parole ingiuriose come un seminario di mali. CURZIO. Io non so che cosa ve abbiate. PRUDENZIO. Dico che non convenit ad uno experto viro laniare el prossimo.

Era martedì, e la domenica seguente doveva ricevere gli ordini maggiori. Il signor Dogliani sembrava inquieto, temeva che Vincenzo non avesse tempo di prepararsi alla cerimonia, e lo esortava a tornare in seminario. Vincenzo non si fece più pregare. La mattina del mercoledì salutò con infinita tenerezza tutti i suoi, abbracciò il padre piangendo, e partì.

Figuratevi il mio spavento; gridai, piansi, la zia cercò di tranquillarmi dicendo che il signor De Boni, se ero saggio, mi avrebbe trattato bene, che mi avrebbe portato amore... ma finiva sempre col piangere desolatamente; non credeva nemmanco lei a quelle sue parole. Un giorno fui condotto dal cavallante nel seminario di Novara.

Non poteva persuadersi che non fosse favola. E anche in questo sono stato io il primo ad illuminarlo. In breve dovetti accorgermi che invece di scandagliarlo l'avevo, come direbbe una bacchettona, pervertito. Un giorno feci la prova di dirgli; Quando si torna in seminario? Aveste visto il suo sgomento! Come diventò smorto!

Così Pierino l'aveva spuntata; non sarebbe più tornato in Seminario!... Ma pure, quando venne il momento di partire, si allontanò da Crodarossa col cuore oppresso e assai più triste di quanto non lo fosse la prima volta, allorchè era partito saltando, arrampicandosi sull'imperiale, accanto al conduttore della diligenza.