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Aggiornato: 26 maggio 2025
«Povera figliuola mia!» sclamò la fata, e sedutasi sur uno sgabello prese in grembo e coperse di baci la giovane sempre in deliquio. «Fata benedetta mia, se, come ogni fata d'un certo grado, possedete anche voi un carro alato o tirato da draghi e da ippogrifi, ve ne scongiuro, riconducete voi, al più presto, la Principessa nella Reggia di Scaricabarilopoli dal padre.
Sedutasi poscia la comitiva, Morello ad un tagliere con la gentil castellana e gli altri a coppie del pari, vennero le prime imbandigioni; semolino in brodo fortemente pepato; vitelli, capretti, cinghiali, salsiccie e carni salate. Tutte queste vivande erano recate in grosse pile su vasti piatti d’argento.
Ella finse di non accorgersi di nulla e sedutasi su una poltroncina, a fianco del caminetto, spiegò la rozza coperta di lana, stendardo di beneficenza, dietro alla quale nascondeva la perfidia del suo carattere, e, come una assistente cui il dovere impone di non muoversi dalla camera di un malato, rimase a spiare l'impazienza del marito, il suo abbattimento, il suo amore.
Vestita di bianco, con un leggiero scialletto di crespo bianco sulle spalle, Clara, in quelle ultime lunghe sere di estate, aspettava Giovanni al balcone. Prima, la solinga donna leggeva un poco, si aggirava come un fantasma per la casa deserta; poi, verso le nove, approssimandosi l'ora dell'arrivo, ella esciva sul balcone, interrogando le penombre di via del Babuino. Malgrado che l'afa di quella fine d'agosto togliesse la gente alle case soffocanti e la spingesse per le vie, in cerca di un fantastico fresco, via del Babuino era spopolata. È lontana dal centro: ed è via di forestieri, che la popolano solo nell'inverno. Pochissima gente l'attraversava; avanzandosi la sera, non più un viandante. Clara guardava l'alto della strada, verso piazza di Spagna, donde giungeva sempre Giovanni, quando giungeva: e appena una persona svoltava l'angolo, essa si piegava sui ferri, cercando distinguere l'alta figura e il passo un po' lento, a lei così noti. L'ora serotina si svolgeva, calda, spesso attraversata da un molle soffio sciroccale; Giovanni non compariva. Affaticata dallo stare in piedi, ella si sedeva sovra uno sgabello di legno, che era fuori sul balcone; appoggiava la testa ai ferri, in atto di pazienza e di riposo; talvolta, un lieve sonno la coglieva; alle undici e mezzo, che ella sentiva suonare a Santa Maria del Popolo, si levava, rientrava, poichè Giovanni non sarebbe venuto più. Un brivido di freddo la coglieva, in casa: e si accostava alla sua scrivania, per scrivergli un biglietto, una lettera, lagnandosi che egli avesse ancora mancato alla promessa. Ma, sedutasi, si rialzava subito: a che lagnarsi? Su sette sere della settimana, egli mancava cinque: e la lasciava, così, in una interminabile aspettativa, fuori su quel balcone, in una solitudine e in una malinconia grande, sapendo benissimo che ella lo aspettava ogni sera e che era sola, solissima. Adesso, ella non si lagnava più, giacchè le scene la stancavano e la impaurivano, perduta di energia, precipitata e giacente nella inazione spirituale di chi ha troppo amato inutilmente: e non lamentandosi lei, egli non si scusava neppure e aveva l'aria di non rammentarsi che ella non esciva, non vedeva nessuno, per lui soltanto. Oramai, Clara non aveva più quelle crisi di violenza, in cui malediceva l'aridit
Stanco di perseguitare la giovine straniera a corso di poltrona, il prelato si alzò e risolutamente mosse verso di lei. "Ma sedete, od io parto!" esclamò Giulia alzandosi e mettendo la poltrona tra lei e l'indecente Cardinale mentre gli figgeva due occhi in volto che lo atterrarono. Il prete si lasciava andare sulla seggiola come colpito dal fulmine e Giulia sedutasi pure cominciò: "La mia visita non è senza grave motivo, gi
Giunta al tavolo di pietra, sotto l'arcata, che gli ippocastani formavano, ella depose il suo cestello da lavoro e sedutasi sopra una delle seggiole rustiche, trasse di sotto a' canovacci per met
Corse a uno stipo, prese un'altra fialetta, in cui era un liquido più chiaro, e la trangugiò senza riflettere un istante. Andò nella sala ove avea fatto passar l'Amoretti. Egli era un po' all'oscuro. Lo salutò: si sedette; egli la vide, con gli occhi sfavillanti, il volto accesissimo; e sedutasi, avea posto una gamba accavallata su l'altra.
"Quanta galanteria sfoggia questa serpe" pensò fra sé la nostra Giulia, mentre che ascoltava il grandiloquente sermone del cicisbeo, e sedutasi, con poche cerimonie, rispondeva "Gentile e graziosa è l'E. V. e io le ne sono grata. Una volta io veniva qui più spesso per copiare i capi d'opera di cui va adorno questo palazzo, ma gi
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