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BALIA. Non t'ho detto io ch'appena era di due anni quando le fu tolto? e io le ho inteso dir mille volte che se lo vedesse non lo riconoscerebbe. ANASIRA. Iddio le faccia succedere ogni cosa come desidera. Ti vo' lasciare, a dio. BALIA. Tienlo secreto, sai: tu vedi quanto importa. ANASIRA. Se non l'hai potuto tener secreto tu che t'importa, come lo posso tener secreto io che non mi si nulla?

Da qualche tempo si era operato in Faustino un cambiamento, che molto sorprese ed inquietò i suoi due carnefici. Il giovane pareva stanco di piaceri, vi si abbandonava più di rado, e senza la brama e la smoderatezza di prima. Dinanzi alle sue belle era diventato freddo e quasi astinente, come sobrio dinanzi alle stuzzicanti imbandigioni. Egli stava pensoso, e mal volentieri usciva di casa. Poche volte si accostava al nascondiglio dei liquori spiritosi, e a quello delle stampe e dei libri disonesti. Eppure non era ancora malandato di salute, si lagnava di alcun male. Questo rivolgimento non si poteva dunque attribuirlo a cagioni fisiche, ma piuttosto all'influsso e agli avvisi di qualche secreto consigliere, oppure alle inspirazioni del cielo. Siccome il signor Fabio e Leonardo non credevano nelle inspirazioni del cielo, così pensarono che un mortale nascosto lavorasse alla conversione di Faustino, e tremavano di essere perduti. Invano Leonardo aveva interrogato più volte il giovane, e cercato di scoprire l'arcano del suo mutamento. Al fine gli cavò di bocca la confessione che era innamorato. Ecco l'avventura. Un giorno si affacciò ad una finestra della casa dirimpetto una giovinetta sedicenne di figura veramente angelica. Faustino vide dalla sua finestra quel miracolo di bellezza, e rimase estatico a contemplarlo. Un solo minuto durò la contemplazione, poichè la giovinetta, accortasi della presenza e degli sguardi di lui, si ritirò confusa e colorata del più amabile rossore. Ma quel solo minuto valse a commoverlo tutto quanto, e a stampargli nell'anima l'immagine di lei. Il sentimento che provò era affatto nuovo, e nullamente paragonabile a quello provato per le altre donne. Ogni giorno si appostava dietro le persiane socchiuse, spiando le sue apparizioni, che gi

, ; io sono colpevole, più di quanto ho detto, balbettava ansiosamente. Io non ho detto tutto, e questa è una nuova colpa.... Il peso del mio secreto mi soffoca, mi toglie il respiro.... Ho giurato a due uomini..., ad uno dinanzi alla legge umana e divina; all'altro dinanzi alla mia coscienza.... E non debbo, mio Dio! ingannar l'uno, e non posso scordarmi dell'altro!... Come ho resistito, quante volte ho pregato il Signore di darmi quella forza che a poco per volta mi è venuta mancando, quante volte ho invocato la generosit

Avevo temuto che Pietro osservasse: Sei pazzo con questa sera d'inferno? Io non esco. Invece si levò per accompagnarmi; e ciò mi procurò un indicibile sollievo. Dopo d'essermi soffermato a rimirarlo mentre s'avvolgeva nel suo mantello e s'accendeva una sigaretta, sentii con un secreto fremito di gioia il suo braccio che passava attorno al mio e vi si attaccava.

Non gli dite giammai che preferisca Costoro, ciò debb'essere un mister, Un secreto che altrui non apparisca, Un secreto nascosto nel pensier." "È questo il più importante documento contro l'accusato," disse il Re, stropicciandosi le mani; "or dunque i giurati " Io non credo che vi sia in esso neppure un briciolo di senso comune."

O Segnor mio, quando saro` io lieto a veder la vendetta che, nascosa, fa dolce l'ira tua nel tuo secreto? Cio` ch'io dicea di quell'unica sposa de lo Spirito Santo e che ti fece verso me volger per alcuna chiosa, tanto e` risposto a tutte nostre prece quanto 'l di` dura; ma com'el s'annotta, contrario suon prendemo in quella vece.

Però vo' che mi attendi, ché ti vo' confidare un mio secreto. Io son diviso giá da mio fratello perché sopra di te non abbi alcuno ne la mia casa ma ne sia signora.

Tu credi esser più amato; io credo questo medesmo: ma si può veder al frutto. Tu fammi ciò ch'hai seco, manifesto, ed io il secreto mio t'aprirò tutto; e quel di noi che manco aver si veggia, ceda a chi vince, e d'altro si provveggia.

PANIMBOLO. A te ho detto quanto bisogna far per non esser appiccato. LECCARDO. A tutti doi voi io lo posso insegnare. DON FLAMINIO. Che dici eh, Leccardo mio? LECCARDO. Che volete che dica? tanti presenti, tante carezze, tante promesse farebbono pormi ad altro pericolo di questo; ma lassami retirar in consiglio secreto. Leccardo, consiglia un poco te stesso: sei in un gran passo.

Prima di potere rispondere il Vérod dovette stringersi la fronte tra le mani. Udendo la lettura fatta dal giudice, penetrando nel secreto dell'anima amata, rivivendo quasi la sua vita, un amaro incantesimo lo aveva occupato. L'adorazione per la sua bellezza, la piet