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Aggiornato: 24 maggio 2025


Nuovi! (soggiungeva fra Buonvicino) nuovi quanto il libro ove il più sapiente dei re scriveva: Ascoltate, o regnanti; imparate, o giudici: da Dio v'è dato il potere, ed egli interrogher

la lettura di ciò che di Reana le scriveva sprigionò una favilla dalle ceneri spente.

condanna l'inquisito Nello Bartelloni, addebitato nella speciale inquisizione di latrocinio, ecc. ecc....» Una esclamazione del presidente interruppe il copista, che scriveva la sentenza. Costui rimase con la penna in aria, guardando i giudici.

Intanto in anticamera, negli ozii della guardia, i servitori parlavano molto delle attenzioni che don Pio usava alla famiglia Caruso col mandare la caccia che giungeva dai possessi di Maremma, le piante e i fiori delle serre della villa a porta Salaria, i latticini che arrivavano dalla Sabina e i vini dell'Umbria, ma non parlavano meno dei biglietti che la principessa scriveva a Fabio Rosati, e ogni volta che lo vedevano salir le scale del palazzo, mentre uno dei servi lo accompagnava alle stanze della signora, gli altri, rimasti in anticamera, ridevano e dicevano nel loro linguaggio triviale: Il principe e la principessa fanno il comodo loro.

Egli scriveva dei versi, che voleva gettarle nella finestra aperta; ma i versi si accumulavano e rimanevano nel cassetto. Essa voleva fermarsi, quando egli fosse apparso, e voleva rispondere con un sorriso al suo sguardo; ma continuava invece a fuggire e il sorriso rimaneva sempre inedito. S'erano incontrati più d'una volta anche per via e una volta anche in teatro in due palchi vicini.

Quando Attilio mi scriveva (il 14 novembre) quelle parole e vagheggiava il partito estremo d'abbandonare elementi che potevano riuscire un giorno decisamente importanti all'insurrezione italiana, per cacciarsi disperatamente con pochi individui sull'Apennino, egli aveva gi

Nel Giornale intimo di H. F. Amiel, che suscitò recentemente in Francia un interesse assai vivo, e che offre la storia di un altro pensoso solitario, s'incontra spesso questa scoraggiante compiacenza di voler essere infelice quasi a dispetto della natura. Anche Amiel scriveva: «Diffido di me e della felicit

Un giorno, questa donna s'incontrò in un amore sincero, profondo e segreto, come ogni donna ci s'incontra una volta nella vita. Lui non parlava, non scriveva, non la seguiva, la schivava, era serio, contegnoso, di una freddezza assoluta: ma l'amava con tutte le forze di un animo giovanile e tutto l'impeto di una passione repressa. Come lo comprese lei, che disprezzava l'amore, che comprendeva solo l'orgoglio? Chi le narrò la storia di quel lungo e ardente e immenso amore, e come ci credette lei scettica? È ignoto. Oh, la psicologia è una scienza perfettamente ridicola; essa spiega le minuzie e le questioni gravi le sfugge, essa nota i particolari, le sfumature, i cambiamenti di tono, ma la figura principale, ma la frase tematica non la spiega. Gira intorno alle difficolt

Le sue idee nascevano più arruffate che prima. Volle farsi violenza. Fissò il suo spirito sur un obbietto: impossibile! Aveva le traveggole e scriveva una frase, mentre ne pensava un'altra. Allora egli tolse via la sua vareuse grigia, si cacciò addosso un pastrano, ed uscì per passeggiare e far visite. Voleva recarsi all'atelier di Delacroix.

Otto giorni dopo, colla data del 6 giugno, Ernesta scriveva al dottor Agenore: «Caro Dottore Mi annoio mortalmente: le è possibile anticipare l'ordinazione dei bagni al suo amico Leonardo e mandarlo a Spa, perchè io possa passare una quindicina di giorni a Milano?» E colla data del 10 il dottor Agenore rispondeva: «Carissima signora Il mio amico Leonardo parte domattina, colla prima corsa

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