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S'apre l'uscio a destra e Landolfo entra per primo, subito inchinandosi, entrano poi Donna Matilde col manto e la corona ducale, come nel primo atto e il Dottore con la tonaca di Abate di Cluny; Enrico IV è fra loro, in abito regale; entrano infine Ordulfo e Arialdo. E io vi domando, come potrei essere astuto, se poi mi credono caparbio... Dottore. Ma no, che caparbio, per carit

Domandi loro se Isabella è ancora sul trono o no: non lo sanno. Domandi loro chi è Don Amedeo: non ne hanno mai inteso il nome. Nascono e muoiono come le mosche, e vivono come secoli fa, moltiplicandosi senza uscire dai propri confini; ignoranti e ignorati, non vedendo altro in tutta la loro vita fuor che la valle che s'apre sotto i loro piedi e l'Alhambra che torreggia sul loro capo."

L'una era d'oro e l'altra era d'argento; pria con la bianca e poscia con la gialla fece a la porta si`, ch'i' fu' contento. <<Quandunque l'una d'este chiavi falla, che non si volga dritta per la toppa>>, diss'elli a noi, <<non s'apre questa calla. Piu` cara e` l'una; ma l'altra vuol troppa d'arte e d'ingegno avanti che diserri, perch'ella e` quella che 'l nodo digroppa.

Per finirla, apriti il petto, mostragli il cor tuo in scambio del mio; ché sapendo egli il cor mio, vedendo il tuo vederá appunto il mio. MASTICA. Tacete, che s'apre la porta del capitan Mastrilogo o Trasilogo, e vien fuori: che non ci senta parlare di queste cose. OLIMPIA. Aggiongivi altro tanto del tuo, Mastica, sai. MASTICA. Será bene se gli dirò la metá di quanto m'avete detto.

A st'ora non s'apre a nessuno: andate per i fatti vostri. Son io, compare Sciaverio: mastro Pasquale. E questo nome s'udì chiaro, come se chi era dietro la porta l'avesse gridato con la bocca sul buco della serratura. Era proprio il roccellese, avvolto nel suo straccio di cappotto, fradicio mezzo, e inzaccherato come un cane.

PANIMBOLO. Ecco s'apre la porta e ne vien fuori. Oh come intesi darmi colpi mortali allo stomaco e alla gola! DON FLAMINIO. Leccardo mio, i segni di mestizia che porti scolpiti nel fronte mi dán segno d'infelice novella: parla con la possibil brevitá. Oimè, tu taci e par che col tuo silenzio vogli significar qualche sinistro accidente! DON FLAMINIO. Deh, comincia presto!

Tu, de' cui raggi luminosi, ardenti Più che Gange del sol gode la Dora, Come oggi Rodi afflitta, i suoi tormenti Ti metta in cor Gerusalemme ancora; Oh che loda! oh che pregio appo le genti Per cui la croce del gran Dio s'adora, Se col valor de la tua nobil spada Al bramato Giordan s'apre la strada?

Cosí lunga ed immane tirannia, cosí prostrata servitú non sembrano essere state possibili in una civiltá, con una coltura cosí progredite come le romane; e il fatto dimostra la superioritá della civiltá e della coltura cristiane, in mezzo a cui elle furono fin qui, e sono piú che mai impossibili veramente. La serie s'apre con uno dei peggiori, Tiberio.

GRANCHIO. E pur volete battere le porte: avete la rabbia con i padroni e la volete sfogar con le porte. NARTICOFORO. Se mi fai irascere, batterò te per lei. GRANCHIO. Ecco s'apre di nuovo. O iudiciosa porta, quanto devi esser savia, poiché come stai per esser battuta, t'apri da te stessa. PANURGO. O amico colendissimo, ben venghi il mio Narticoforo romano!

Dir parve: s'apre il cielo, io vado in pace. Egli sciolse lo spirto alla mercede delle sue virtù, lasciando lo spento volto ancor atteggiato di una soave dolcezza, traccia sicura della tranquillit