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Aggiornato: 7 giugno 2025
CARIZIA. E noi saremo perpetue serve e conservatrici della vostra salute. EUFRANONE. E noi quando di tanta largitá vi renderemo grazie condegne? DON IGNAZIO. Carissimo padre e nostro zio, vi abbiamo tal obligo che la lingua non sa trovar parole per ringraziarvi.
Io non domando di più, non domando di meglio: discutere!... E se mi convincerete che sono in errore, sarò io il primo a ringraziarvi e a sottomettermi, perchè, credete, egregio e caro amico, io non sono un ambizioso! Io amo il mio paese al quale ho sacrificata la quiete, la vita: ecco tutto!
Ho bisogno davvero di vederli uscir neri dalla penna in parole formate, per raccapezzarmi io medesima in questo tumulto di sentimenti, in questo brulichio di nuove paure e di nuovi desiderii. Forse, anco volendo e potendo, non ardirei farvi la confessione che ora commetto alla carta. «Debbo ringraziarvi, amico mio?
RONCA. E noi preghiamo i cieli che siate a parte de' nostri onori; e confessiamo che ne lodate e desiate bene oltre il nostro merito, né possiamo trovar parole cosí degne per ringraziarvi del buon animo e della buona dottrina che abbiamo appresa da voi. ALBUMAZAR. Come è grande iniquitá tacere il merito, cosí è maggiore invidia ristringerlo con brevi giri di parole.
CLERIA. In me non fu bellezza giamai, e se pur ve n'è qualche segno, vien dalla reverberazion della luce che senza pari è in voi. Onde oggi io vi fo dono di me stessa, e se il presente è troppo basso, accompagnato dall'affetto dell'anima mia, merita che sia accettato e gradito da voi. ESSANDRO. O dolce oggetto degli occhi miei, come io potrò ringraziarvi del ricco presente che voi mi fate?
E dopo una pausa: Anche lui chi sa dov'è, poveraccio! L'accento di quest'ultima frase era così buono che Garibaldi commosso gli tese la mano. Che cosa vuole? rispose Pio Nono imbarazzato da quel gesto. Garibaldi sono io: vi stringo la mano, non posso ringraziarvi altrimenti.
Proprio bell'e in mezzo al bosco, vi era uno spianato erboso, sopra il quale i rami delle querce più antiche, erano infittiti per modo che non vi poteva raggio di sole. Sorgeva a quell'ombra una cappella modesta, quella se ci rammenta, a cui damigella Maria aveva fatto voto di venire di notte per ringraziarvi San Francesco, della pace ricondottale in casa dal padre Anacleto.
Caro signor Basilio, voi sapete che da due anni io mi lascio regolare da voi, e certamente ho ben ragione di ringraziarvi; voi siete il segreto mio Mentore, il mio vero amico, voi mi avete favorito dei vostri consigli e del vostro scrigno. Oh! quanto a quest'ultimo non merita il conto di parlarne.... sempre a vostra disposizione.
FORCA. Io non posso trovar cosí belle parole per ringraziarvi di cosí illustri titoli che mi date. FILIGENIO. Io non so che dir piú, né posso dir tanto che non sia mille volte piú di quel che dico. FORCA. A chi fo male io? FILIGENIO. Agli amici, agli inimici, a quanti puoi. FORCA. Nessuno stima questo di me. FILIGENIO. Perché tutti lo tengono per fermo.
Sarei impacciato a ringraziarvi degnamente non solo dell'amabile pensiero che avete avuto di scrivermi, ma anche della pazienza che avete posta a regolare la vostra penna in modo che nulla per me fosse perduto dei preziosi sentimenti vostri, se non sapessi da lungo tempo quanto sia facile saldare con voi questi conti, e che voi vi tenete pagato d'ogni cosa, quando sappiate che con essa abbiate fatto piacere altrui. Sappiate dunque che la vostra lettera me ne ha cagionato uno dei più vivi e durevoli che per me si potessero provare, e che letta e riletta fra noi ha fatto una specie di festa di famiglia. Io non dubitava della continuazione della preziosa vostra amicizia, sapendo che è questo un dono che voi non prodigate nè ritirate leggermente, all'uso del mondo; ma le assicurazioni e le espressioni di essa, nutrendo le più care memorie dell'animo mio, l'hanno giocondamente e profondamente occupato. Gi
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